SELfservice, ritratto di famiglia dello scandalo energia in Alto Adige
Tutti i retroscena dello scandalo SEL sono da oggi finalmente disponibili anche in italiano. Esce in questi giorni nelle librerie la versione italiana – aggiornata con gli ultimi sviluppi giudiziari e politici – del volume “SELf service” di Christoph Franceschini, edito da Raetia Edizioni (http://www.raetia.com/it/shop/item/2482-selfservice.html), che rivela tutti i meccanismi della spartizione del mercato idroelettrico altoatesino nell’ultimo decennio. Uscito nel novembre 2014 “SELf service” è già diventato un caso editoriale, con quasi 7.000 copie vendute in lingua tedesca. Ora la versione italiana, curata dalla giornalista del Corriere dell’Alto Adige Silvia Fabbi, rende lo scandalo accessibile anche al resto del grande pubblico, svelando le logiche di spartizione del potere all’interno del partito di raccolta Svp, le fratture lasciate aperte dall’ex Landeshauptmann Luis Durnwalder e i punti deboli della nuova “era Kompatscher”. Protagonista del disvelamento di questi meccanismi è stato il procuratore della Repubblica di Bolzano Guido Rispoli, che lunedì 4 maggio alle 19 interverrà alla presentazione in programma al Summer Lounge Bar dell’hotel Laurin, in via Laurin 4 a Bolzano. Saranno presenti anche l’autore Christoph Franceschini e il direttore del Corriere dell’Alto Adige Enrico Franco, autore della prefazione all’edizione italiana del volume. Modera l’incontro la traduttrice e giornalista Silvia Fabbi.
Ecco la postfazione del volume
Un affare di famiglia
di Silvia Fabbi
Al lettore italiano, altoatesino o meno, SELfservice potrebbe sembrare un volume dalla materia troppo complessa, specifica e legata al territorio per provarne interesse. Nulla di più corretto e di più sbagliato insieme. Vero è che le logiche di potere interne alla Südtiroler Volkspartei – che Franceschini spiega, analizza e contestualizza – sono comprensibili in modo immediato solo per un pubblico locale, in possesso degli strumenti necessari a decodificarle.
Tuttavia il merito di questo volume è proprio quello di rendere queste logiche accessibili anche ad un pubblico estraneo a tutto ciò. Grazie ad una panoramica agile ma puntuale entriamo così dentro ai meccanismi di funzionamento di un’intera provincia e agli elementi di criticità che questi meccanismi li hanno modificati: dall’importanza del ricambio generazionale avvenuto nella Svp in conseguenza della mancata ricandidatura di Luis Durnwalder, alle convenzioni che determinano (anche oggi, nella rinnovata “era Kompatscher”) la spartizione delle poltrone all’interno delle società partecipate provinciali; dall’ansia del partito di non perdere consensi in alcuna zona della provincia pur godendo della sicura maggioranza dei consensi, all’influenza sui media locali, necessaria a rendere più granitico e se possibile a incrementare questo consenso; dallo storico rapporto fra potere politico e magistratura, ai conflitti interni al partito per via di rivalità e condizioni storiche irrisolte (con, ad esempio, la conseguente fama di “ribelli” che si sono guadagnati nella Stella alpina politici venostani come Arno Schuler e Sepp Noggler).
Il ritratto dell’Alto Adige che ne emerge ricorda da vicino quello tracciato da Franco Brevini nel suo “Donne simbolo di comunità senza futuro” pubblicato il 6 agosto 2012 sul Corriere della Sera, all’indomani della rovinosa valanga di acqua e fango che – nella stessa Val di Vizze a tratti protagonista anche di questo volume – uccise due donne imprigionate dai detriti all’interno dei propri masi.
Parliamo qui del ritratto di una società imprigionata nel proprio ruolo, chiusa in se stessa e timorosa (con qualche buona ragione storica) delle ingerenze esterne, obbediente ad habitus quasi arcaici che prendono forma in leggi non scritte ma universalmente riconosciute. Ne è prova, ad esempio, il quadro di potere che emerge se si analizzano – e Franceschini, consapevole della loro importanza, tratta velatamente ma esplicitamente l’argomento – i legami tra famiglie (e dunque fra i soggetti che incarnano gli snodi principali del potere locale) che si vengono a costituire (volutamente o accidentalmente) attraverso i matrimoni.
Senza soffermarci qui a citare esplicitamente alcuni esempi, si rimanda alla lettura del volume dove queste coppie vengono non solo presentate ma anche “vivisezionate” esplicitando ciò che i singoli componenti rappresentano rispetto alla politica e all’economia locali. Da queste premesse, il passo verso il principio cardine della conservazione del potere nelle mani del sovrano accentratore è breve. Si spiega così l’assurda dinamica per cui l’iniziale accordo fra Provincia ed Enel su un sentiero comune che prenda le mosse dalle liberalizzazioni del decreto Bersani, lungi dall’essere concluso a vantaggio della Provincia con l’assicurazione di tutte le centrali in mano pubblica, si chiuda con un patto lacrime e sangue che costerà a Palazzo Widmann e alla collettività altoatesina milioni di euro.
Nel volume si fa indirettamente ma elegantemente capire come la responsabilità di questa scelta vada fatta ricadere proprio sull’ex Landeshauptmann Luis Durnwalder, che con l’approccio del sovrano illuminato per quasi tre decenni ha gestito la provincia come un re benevolo nei confronti dei suoi sudditi. Proprio questo atteggiamento detterà anche l’arrogante rifiuto alla collaborazione con gli imprenditori privati di Eisackwerk da parte di SEL.
Per le gare di fine 2005 SEL assunse appositamente una decina di ingegneri, rigorosamente locali, (all’epoca le mancava completamente il personale tecnico capace) per elaborare i piani e i progetti delle grandi centrali idroelettriche provinciali. Chi conosca la storia dell’Alto Adige non arriverebbe certo a suggerire una totale apertura al mercato esterno, con la ricerca delle professionalità mancanti sul libero mercato (per quanto alla fine l’incarico sia stato comunque esternalizzato nelle mani di professionisti torinesi e bolognesi), ma certo potrebbe ragionevolmente chiedersi le ragioni del rifiuto categorico opposto alla proposta dell’imprenditore privato altoatesino Hellmuth Frasnelli, patron di Eisackwerk, di partecipare all’elaborazione dei progetti e alle gare per l’assegnazione delle centrali in una nuova società da creare di concerto con SEL.
In cambio di progetti tecnici fatti e finiti probabilmente dotati delle migliori caratteristiche tecniche sulla piazza, SEL e Provincia avrebbero non solo potuto godere di un certo vantaggio competitivo (a bandire le gare era pur sempre la Provincia stessa) assicurandosi in questo modo una vittoria praticamente matematica ma avrebbe anche evitato – almeno in apparenza – il conflitto d’interessi di partecipare con una società propria (una società comune con Frasnelli avrebbe previsto l’ingresso di altri capitali e soci al timone delle singole centrali) alle gare bandite da essa stessa. Date queste premesse è facile immaginare che negli esiti le centrali sarebbero nella gran parte dei casi rimaste alla Provincia, che se la sarebbe cavata concedendo una quota minimale di partecipazione ai privati Frasnelli e Pichler, che con appena un 10 % delle centrali di Rienzpower, Eisackwerk e Hydropower avrebbero portato a casa, al netto dei certificati verdi statali, 12 milioni di euro. Una contropartita più che accettabile in cambio dei progetti che invece furono commissionati all’esterno da SEL per quasi mezzo milione di euro a fondo perduto.
Da uno scenario di candidatura condivisa, con i privati che mettono a disposizione il proprio know-how per elaborare i progetti migliori sulla piazza in cambio di una partecipazione minoritaria alle società aggiudicatarie delle grandi concessioni idroelettriche, ci si trova alla fine di fronte a una realtà fatta invece di progetti elaborati da esterni a suon di centinaia di migliaia di euro, nonché di privati che, defraudati delle concessioni legittimamente conquistate, iniziano una battaglia legale che porterà, attraverso la condanna dell’assessore Svp Michl Laimer e dei vertici di SEL, con la conseguente decapitazione dei due enti e il rischio di cause milionarie, a un completo sovvertimento dell’ordine precostituito.
Solo la fusione con AE consentirà di evitare lo scioglimento di SEL, di stoppare le possibili cause milionarie e, in generale, di salvare la faccia. Dopo mesi di discussioni e polemiche, il 21 febbraio 2015 la giunta provinciale in seduta straordinaria firma l’accordo che concretizza finalmente la fusione per incorporazione fra le due società. Alla “nuova” società partecipano i Comuni di Merano e Bolzano, ciascuno con una quota del 21 %, ma anche i comuni altoatesini riuniti in SELfin (la partecipazione iniziale ammonta al 3,6 % ma potrà essere incrementata fino al 10 % nei prossimi anni), mentre la Provincia di Bolzano continuerà a detenere la maggioranza con il 54,5 % delle quote. I numeri del nuovo colosso snocciolati orgogliosamente dal Landeshauptmann Arno Kompatscher parlano di 1,5 miliardi di fatturato, 1.000 dipendenti, 400 milioni di investimenti in cinque anni e almeno 100 milioni di utili l’anno. Gli addetti ai lavori plaudono alla nascita di un operatore integrato italiano nel campo energetico, quarto tra le multi-utility nel Nord Italia per fatturato, attivo nella produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, con particolare riferimento al settore idroelettrico, diventandone, con una produzione stimata annua di circa 4 TWh, il terzo del Paese.