Desaparecidos: Padova celebra Kirchner, l’Argentina aspetta il libro di Videla

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Padova, per un giorno, si vestirà di Argentina e dei suoi diritti umani. Venerdì prossimo l’Aula Magna del Palazzo del Bo avrà come ospiti, fra le 10:30 e  mezzogiorno, personalità importantissime: il ministro degli Affari Esteri Héctor Timerman; Vera Vigevani Jarach, la madre di Plaza di Mayo, che perse suo nonno ad Auschwitz e sua figlia in un volo della morte dei militari argentini; Enrico Calamai, diplomatico che si adoperò per salvare la vita a tanti perseguitati fornendoli di passaporti falsi. E ci saranno anche i professori Paolo De Stefani e Antonio Varsori, direttore del Dipartimento di Scienze politiche, giuridiche e studi internazionali.

Ma sicuramente il centro dell’attenzione sarà Florencia Kirchner la figlia della presidente Cristina Fernández di Kirchner e dell’ex presidente scomparso quasi 18 mesi fa Néstor Kirchner. A mezzogiorno riceverà, da parte del rettore, una pergamena e una copia dell’opera di Giò Pomodoro “Spirale per Galileo”.

Le attività continuano dalle 17 sino alle 19:45, ma a Palazzo Moroni, dall’altra parte di via VIII Febbraio. Ad accogliere in sala Paladin Florencia Kirchner, Jarach e Calamai ci sarà il sindaco Flavio Zanonato, che consegnerà alla giovane le chiavi della città. Non ci sarà Timerman, ma uno dei giornalisti ed scrittori più noti ed esperti sulla dittatura argentina,  Horacio Verbitsky. L’iniziativa si propone rispondere alla domanda “Cosa ha  fatto l’Argentina con al sua tragedia”.
Al centro del dibattito la politica sui diritti umani  avviata da Kirchner e continuata oggi da sua moglie. In effetti si tratta di un riconoscimento all’ex presidente per la sua politica di diritti umani. Timerman, figlio di un noto giornalista oppositore della dittatura argentina, parlerà al Bo del “Perché è giusto riconoscere il lavoro del Presidente Néstor Kirchner nell’ambito dei diritti umani”.

Venerdì ascolteremo con molta attenzione le parole del ministro, ma è poi così scontato un riconoscimento all’ex primo ministro in questo ambito? La risposta può essere più complessa di quanto a prima vista sembra.

Un fatto concreto va ricordato: durante il suo governo iniziato nel 2003 furono dichiarate nulle le leggi di impunità, chiamate “obbedienza dovuta” e “punto finale”. Grazie a questo fatto politico e simbolico da parte del governo, giuridico e pratico da quando venne confermato dalla Corte Suprema di Giustizia, si riaprirono i processi contro molti torturatori convinti che li aspettasse una vecchiaia fuori dal carcere (o in libertà). Non è facile prendersi in modo esclusivo il merito di questo cambiamento, quando dietro c’erano quasi 30 anni di lotta pacifica da parte dei familiari dei “desaparecidos” e non solo; ma qualcuno al governo K ha pensato di trasformare questo importante sucesso in un capitale politico.

Ci sono alcune cose che le autorità dell’Università e della città di Padova non dovrebbero tenere in conto se vogliono rispettare il protocollo e la diplomazia, ma che in ogni caso vanno ricordate.

Esiste oggi fra i difensori dei diritti umani argentini una profonda differenza fra chi sostiene e chi rifiuta la politica K sui diritti umani, non solo durante l’ultima dittatura militare (1976-1983). I primi tengono in conto delle leggi annullate e un rapporto di vicinanza e di stima reciproca fra alcuni membri di spicco di questo gruppo e Néstor prima e Cristina dopo. In questo settore possiamo mettere una donna coraggiosissima come Estela de Carlotto (parente dello scrittore padovano Massimo), presidente delle Abuelas (nonne) di Plaza di Mayo che lottano per dare un’identità ai circa 500 nipoti nati da mamme poi uccise.

Dall’altra parte, ci sono coloro che tengono invece conto della mancata protezione dei testimoni. Il caso più emblematico è quello di Jorge Julio López, che testimoniò nel settembre 2006 contro un poliziotto e venne fatto sparire nel nulla prima della sentenza. A questo gruppo appartiene il premio nobel per la pace Adolfo Pérez Esquivel. Questa parte critica anche che i processi contro i militari sono troppo lenti, la repressione contro gli indigeni QOM, il grilletto facile e le torture nelle carceri.

La divisione è emersa lo scorso 24 marzo, anniversario del golpe nel 1976: due manifestazione separate, entrambe finite alla Plaza di Mayo, ma in orari diversi.

Gli uni si sentono fortificati dal fatto che 6 mesi fa Cristina ha ottenuto un importante 54 per cento nell’elezioni presidenziali. Gli altri, invece, sono arrabbiati  dopo che il parlamento K ha approvato la Legge Antiterrorista, che non fa altro che criminalizzare la protesta sociale ed è stata contesta persino da alcuni militanti che da sempre sostengono il governo. La rabbia è aumentata quando è uscito il cosiddetto “Proyecto X”, che consiste nella presenza di membri della gendarmeria e della polizia nelle manifestazione per fare spionaggio tra i militanti sociali, ma definito dal governo come “un software che incrocia informazione e velocizza annalisi in situazioni di Intelligenza e indagine”.

Il Paese sudamericano sta attraversando adesso giorni agitati in vista dell’uscita del libro “Disposizione Finale” (editore Random House), del giornalista ex Ansa e oggi in Editorial Perfil Ceferino Reato. Il nocciolo del libro sono le dichiarazioni dell’ex dittatore Jorge Videla il quale per la prima volta confessa che erano “7 o 8 mila le persone che dovevano morire per vincere la guerra contro la sovversione; non potevamo fucilarli. Neanche portarle davanti ad un giudice”. La  Commissione Nazionale per la Scomparsa di Persone, affermò subito dopo la dittatura che i  casi denunciati arrivano a 8.961, ma molti non denunciarono nulla e la cifra più credibile e tenuta come buona dalla stragrande maggioranza degli argentini, è di 30.000.
Al cinismo delle azioni, si aggiunge quello delle parole.

Videla assicura che il termine “Soluzione Finale” non si è mai utilizzato. Videla afferma di non essere pentito ma sì che sente un “peso nel anima” e che il Golpe fu un errore dal punto di vista militare.

Perché l’orco ha deciso adesso di fare 20 ore di interviste fra ottobre 2011 e marzo 2012 per pronunciare (solo per evitare la ripetizione della parole fare) dichiarazione così shockanti? L’elezione vinte da Cristina lo scorso ottobre hanno azzerato, ai suoi 86 anni, le sue speranze in un’amnistia e poi, secondo quanto  racconta Videla a Reato, dal 2008 ha ricevuto solo 4 richieste di interviste. E vuole anche “sollevare la situazione dei militari che avevano una responsabilità minore della mia”. Loro dovevano “eseguire gli ordini se volevano continuare ad appartenere all’esercito”.

Dar voce a personaggi come Videla serve a rivendicare il terrorismo di Stato o a trovare elementi che ci aiutino a capire le cause dell’orrore? Sarà un libro che servirà come documento per gli storici di oggi e del futuro?

In ogni caso, i diritti umani di ieri e di oggi sono un argomento tutt’altro che chiuso e tanto le importanti iniziative di venerdì come il libro di Reato dimostrano che la partita è ancora apert.

Gustavo Claros

Ecco un resoconto dell’incontro

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