Transessuali, la differenza tra Brasile e Thailandia

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Non è un caso che Thailandia e Brasile contino tra le proprie fila le più alte percentuali al mondo di transessuali, ci deve essere un motivo, ma lo ignoro. Probabilmente il fatto che siano tra le principali mete del turismo sessuale mondiale ha un ruolo, lasciare che le professioni locali piú redditizie siano a completo appannaggio del genere femminile sembra un peccato, la domanda è così alta che c’è posto per tutti, ma forse la questione è più profonda. Sia per motivi prettamente economici o pure culturali, la sessualità in questi due paesi è un elemento così comune della vita quotidiana che ad ognuno è concesso di esprimerla a proprio modo. Se ne vedono così tanti in giro avere una vita sana e normale, che se anche mio figlio si sente donna lasciamolo pure libero di seguire la sua strada – potrebbe pensare il genitore medio thai o brasiliano –, perché no?

Ma c’è una differenza tra questi due paesi, una differenza sostanziale, ed è il ruolo che a questa categoria viene dato all’interno della società cosiddetta normale. Non sono certo in possesso di dati statisticamente significativi, ma per quello che ho vissuto e sentito dire in giro il transessuale brasileiro non ha poi molta scelta sul proprio destino, ché l’unica alternativa disponibile per la sopravvivenza è quella del “mestiere”, per strada, in casa o all’estero. Ogni altra opportunità di inserimento nel mondo del lavoro è off limits. Dall’altra parte del mondo invece le cose per i ladyboy vanno decisamente meglio sicché te li puoi ritrovare ad affollare i gogo bar di Bangkok e della scioccante Pattaya, ma pure cucinare nel migliore ristorante del quartiere, o servirti la colazione sul treno per Chiang Mai, stanchi ma fieri del loro impiego statale.

Non è un caso che in Thailandia il pregiudizio per queste adorabili persone sia meno feroce e disabilitante, ci dev’essere un motivo per cui il Brasile è così bigottamente ostile, un motivo che ignoro ma che, se dovessi tirare ad indovinare, direi che si chiama cristianesimo.

Davide Miozzi

Pubblicato per la prima volta nel luglio 2012

Foto Shutterstock

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