Wanda Wulz, la donna gatto. La fotografa triestina nell’Archivio Alinari

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Una strana creatura, un po’ gatto e un po’ donna ci fissa, un occhio felino e uno femminile fusi in unico, inquietante sguardo. Una fusione così perfetta, da rendere impossibile distinguere dove finisce l’umano e inizia la bestia. E’ Io + Gatto, l’immagine creata dalla fotografa triestina Wanda Wulz sovrapponendo due negativi, uno con il ritratto del suo gatto e l’altro con il suo. Io+Gatto ha quasi novanta anni -risale infatti al 1932- ma la sua potenza perturbante è giunta intatta fino a noi. Tanto che l’Archivio Fotografico Alinari, di cui fa parte, l’ha scelta come Leitmotiv per presentare le prossime iniziative della Fondazione Alinari per la Fotografia che gestice l’omonimo Archivio Fotografico formato da cinque milioni di beni fotografici: una testimonianza unica sui beni storico artistici, paesaggistici e architettonici italiani.

Ma l’archivio è anche custode di storie e di vite, come quelle che sanno narrarci le immagini di Wanda Wulz (Trieste, 1903- 1984). Torniamo al suo ritratto, quello da cui, nel 1932, è nata la straordinaria immagine della “donna gatto”. In questo selfie ante litteram, Wulz si ritrae in primo piano, con uno sguardo capace, diremmo oggi, di “bucare lo schermo”. Uno sguardo autentico, di una incredibile modernità: non c’è posa, non c’è messa in scena- come avveniva nelle foto dell’epoca, quelle che la stessa Wulz scatterà per una vita a centinaia. Quelle con le donne eleganti, ma fissate in una bellezza ideale di statue, ieratiche, sempre con lo sguardo fuori obiettivo. No. Qui c’è tutta l’energia di una giovane donna che dice “questa sono io”, senza filtri, pronta a prendersi la vita e balzare con scatto felino. E’ da qui che scaturisce -materialmente e idealmente- la carica magnetica e la forza innovativa e inquietante che porta alla creazione di Io+Gatto. Per rendersene conto basta paragonare questo ritratto, e l’immagine di femminile vitalità che trasmette, con quello che il padre Carlo scattò a Wanda Wulz insieme alla sorella Wilma un decennio prima, nel 1920 – anche questo in collezione Alinari. Qui due raffinate creature in posa, tra vesti setose, sono immobili, ferme come la statua antica che si intravvede, sfuocata, sullo sfondo. Non è un caso, del resto, che Wanda Wulz distinguesse l’attività della sua ricerca fotografica artistica da quella ordinaria, che svolgeva nell’atelier di famiglia a Trieste, di cui diverrà titolare insieme alla sorella alla morte del padre, nel 1928.

Carlo Wulz, Ritratto di Wanda e Marion Wulz, 1920 ca., Archivi Alinari, Firenze 

Purtroppo, la ricerca propriamente artistica durerà il lasso di pochi anni nella vita di Wanda Wulz, che pure rimane unica donna in Italia protagonista della fotografia futurista. Sul finire degli anni Venti, Wulz si interessa infatti al fotodinamismo dei fratelli Bragaglia e al movimento futurista, sperimentando con fotomontaggi, fotoplastiche e fotodinamiche. Nel 1932 presenta le sue opere alla mostra futurista di Trieste e si guadagna la stima di Filippo Tommaso Marinetti. L’Archivio Alinari conserva traccia di questo rapporto in una fotografia di Wanda Wulz che ritrae il poeta insieme ad altri futuristi triestini, Valeri, Quirino De Giorgio, Bruno G. Sanzin nel 1932. A quei tempi Trieste, centro pulsante della cultura internazionale ed ex punto nevralgico dell’impero austroungarico, era infatti considerata capitale del futurismo insieme a Parigi e Milano. Molti altri scatti e ritratti di Wanda Wulz conservati nell’Archivio Alinari testimoniano la fertile stagione culturale, l’atmosfera e i personaggi che la giovane fotografa frequentava a Trieste. Tra questi ricordiamo quelli che ritraggono Anita Pittoni, sua ospite, che svilupperà a Trieste un laboratorio artigianale tessile d’avanguardia. O Leonor Fini, incredibile figura di artista poliedrica, nata da padre argentino di origini beneventane e madre triestina di origini tedesche, amante dei travestimenti e dei gatti, con cui ha sempre amato farsi ritrarre “Io sono la figlia di una donna e di un gatto” riporta una sua celebre frase.

Autoritratto di Wanda Wulz. Fotografia usata per la sovrimpressione “Io + gatto”1932

Anche se abbandonerà presto l’attività artistica, Wanda Wulz proseguirà a fotografare tutta la vita. Con la sorella continuerà la tradizione del ritratto, delle vedute della città e dei servizi commissionati dagli opifici e cantieri cittadini fino al 1981, quando, cessata l’attività, cederà l’archivio ai Fratelli Alinari. Morirà pochi anni dopo, nel 1984 a Trieste, città dove aveva vissuto tutta la vita.

Caterina Longo

Foto di apertura: Wanda Wulz, Io+Gatto, sovraimpressione del volto di Wanda Wulz con l’immagine del proprio gatto, 1932,  Archivi Alinari, Firenze

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