Dello zaino e di altri demoni (come preparare il bagaglio per un viaggio di 5 mesi)

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Qualche settimana fa sono inciampata in un’intervista a Jade Jagger, figlia di Mick. Oltre a essere imparentata con uno dei mostri sacri della musica mondiale, la fanciulla è anche un’esponente di spicco del “vivere Nylon“, che a quanto pare non sta per “Amo indossare tessuti sintetici”, come ho ingenuamente pensato di primo acchito, ma per “Sono una globetrotter e vivo facendo la spola tra New York e Londra” (dove per globe si intende “the western part of the globe”, chiaramente).

Molto cool, ma cosa c’entra col nostro blog?

Uno dei punti chiave dell’intervista era quello di tirare fuori il suo dono per l’essenzialità, pur essendo lei certamente avvezza allo sfarzo.

“Sono abituata a spostamenti continui, viaggio davvero con lo stretto necessario”.
Bene, ho pensato, sentiamo cosa suggerisce la Nylon-girl.

Domanda: Cosa non potrebbe mai mancare nel suo bagaglio a mano? Risposta: “Una coperta di cachemire, i miei gioielli, il mio laptop”. Like a rolling stone, come Dylan l’ha cantata.

Io e Marcello siamo spartani anche nella vita. Non ci piacciono gli orpelli e se penso che dovrò viaggiare mesi con lo zaino in spalla mi sento improvvisamente padrona del paradigma della sintesi dell’abbigliamento.

Pochi cambi e molte lavatrici. Capelli corti e niente phon. Nessuna serata “glam” e via con l’accetta a falciare tacchi e ballerine: bastano un paio di scarponcini da trekking e un paio di sandali ortopedici aperti. Come sacrificare la femminilità sull’altare della praticità. A onor di cronaca per me è facile parlare così, la mia massima espressione di delicatezza in fatto di calzature si esprime normalmente con un paio di All Star antidiluviane. Però in tanti mi chiedono come faccia a far entrare 5 mesi di vita in uno zaino da portare in giro.. et voilà, basta rinunciare anche alle mie amate Converse e far posto, magari, a un antibiotico in più. O scegliere una guida unica piuttosto che dieci guide separate per Paese (politica adottata dall’edizione italiana della Lonely Planet, alla quale noi preferiamo quindi quella americana).

Per quanto possa essere minimalista, Marcello lo sarà sempre più di me e ogni volta che gli presento la lista aggiornata delle cose da portare, me la restituisce mutilata. Io eseguo senza troppe storie, prima di tutto perché lui per me rappresenta la massima autorità in fatto di viaggi e poi perché le valigie si portano dietro il demone dell’inutilità. Mi riprometto sempre di essere tanto essenziale da vivere comodamente usando tutto quello che ci metto dentro. Il risultato è che il 30 percento del fardello resta lì coperto da un dito di polvere. Non mi è mai successo di pentirmi di non aver portato qualcosa, perché alla fine ci si arrangia, è impresso a fuoco nell’indole umana.

Dieci chili dovrebbero bastare a sopravvivere senza ernie. Ce la possiamo fare.

Maria Elena e Marcello

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