Guida al canyoning sicuro

FacebookTwitterLinkedInWhatsAppEmail

Tuffi nell’acqua ghiacciata, camminate immersi nella natura, arrampicate tra massi scivolosi. Dove passa l’acqua (di norma) passa anche l’uomo. Perché allora non provare a scendere o risalire il corso di un torrente di montagna aiutandosi con tecniche alpinistiche, stretti in gole profonde con pareti verticali che sovrastano la visuale? Benvenuti nello sconosciuto mondo del canyoning – torrentismo in italiano – una pratica a metà tra lo sport e l’esplorazione che si sta sempre più diffondendo anche nelle nostre Alpi.

Una pratica affascinante, ma che necessita di attenzione, professionalità e una profonda conoscenza della montagna. Per questo il Soccorso Alpino di Bolzano ha organizzato domenica scorsa un’escursione per far  conoscere da vicino questa pratica e dare alcuni consigli ai non professionisti. Infatti i rischi per chi si improvvisa torrentista sono veramente tanti, e le tragedie dietro l’angono. «Spesso chi vi si dedica in modo “amatoriale” commette errori che possono risultare fatali» spiega Erwin Kob, direttore della Scuola nazionale di Canyoning dell’Associazione italiana canyoning (Aic) e istruttore di canyoning del soccorso alpino insieme ai colleghi del Soccorso alpino di Bolzano Marco Biasioni (capostazione del soccorso alpino di Bolzano) e Gabriella Russo.


Scenario della prova pratica di canyoning è stato il rio Eschio di Gargazzone, tra Bolzano e Merano, dove un piccolo team della squadra bolzanina composto anche da Marco, Massimo ed il giovane Patrick ha organizzato la discesa assistita della seconda metà del corso d’acqua, con calate (si chiamano così in gergo i salti d’acqua a fianco dei quali ci si cala con funi assicurate a chiodi resinati sulle pareti di roccia del canyon) alte fino a 20 metri. Imbragati alla corda una piccola schiera di giornalisti inesperti ha disceso piccole cascate calandosi sulla roccia, volando su una teleferica e in corda doppia.

La dimostrazione si è resa necessaria per l’aumento della pratica di questa disciplina e di conseguenza degli incidenti. Negli ultimi anni il Soccorso alpino di Bolzano è stato chiamato a soccorrere persone in difficoltà in canyon in tre occasioni. L’ultima, nell’estate del 2013, vide la squadra impegnata nel recupero del corpo del 25enne di Termeno Simon Valtingoier. Il giovane, pur prestante e allenato, aveva affrontato le gelide acque del Rio Nero indossando solo un costume da bagno.

 

L’atrezzatura da canyoning

«La vestizione adatta serve a evitare non solo gli infortuni (calandosi è facile finire contro le rocce e farsi male) ma soprattutto l’ipotermia, dal momento che i corsi d’acqua sono molto freddi, specie quelli delle nostre zone» spiegano Kob e Biasioni. La prova pratica lo conferma: dopo due ore in acqua, pur con tutta l’attrezzatura, il freddo inizia a farsi sentire. «Affrontare una discesa senza tuta in neoprene, calzari, coprituta impermeabile, imbrago, caschetto e scarpe adatte è un gesto assolutamente incosciente» spiegano gli istruttori. Per il resto, corde e moschettoni, l’attrezzatura ricorda da vicino quella dello scalatore classico. Negli ultimi anni però tutte le case produttrici di attrezzatura sportiva stanno sviluppando delle linee dedicate al canyoning.

Tutti i rischi del canyoning

Negli ultimi anni gli appassionati di questa pratica nata in Francia si sono resi protagonisti di una continua ricerca dell’estremo, che ha portato alcuni di loro ad affrontare corsi d’acqua in condizioni tutt’altro che sicure, ad esempio quando il disgelo o le precipitazioni gonfiano troppo il corso d’acqua. «In questi casi già solo il rimbombo nelle orecchie dovrebbe bastare a tenere i torrentisti lontani dalle forre, perché la forza dell’acqua rischia di essere troppo violenta e anzi letale. Un’altra frontiera del torrentismo vede alcuni appassionati calarsi lungo i canyon quando l’acqua è ghiacciata. Spesso accade però che quando, al termine della calata, finiscono nello specchio d’acqua ghiacciato, questo magari si rompe e la persona ci finisce dentro» proseguono gli istruttori.

Gli incidenti più frequenti sono comunque i traumi alle gambe o alla schiena derivanti da caduta. In particolare alle caviglie e alle gambe. Pericolosi, se non si conosce o non si è controllata la pozza sottostante, sono anche i tuffi: la presenza in acqua di massi e tronchi nascosti può riservare brutte sorprese. “Molto raramente – spiega Erwin – gli incidenti riguardano problemi con l’attrezzatura o cadute dalle corde”. Chi si infortuna di più? Cercatori di funghi ed escursionisti incauti. Gli sportivi esperti sono in proporzione meno oggetto di incidenti.

E se mi faccio male?

Il soccorso alpino tra canyonisti nasce di fatto come associazione di mutuo soccorso tra i primi praticanti di questa disciplina. Fatto sta che il problema più serio è far sapere – se si è soli – che ci si è fatti male. “Molto spesso – spiega Marco Biasioni – veniamo avvertiti di sera dai famigliari che non vedono tornare a casa i propri cari. E molto spesso non sanno fornirci indicazioni precise su dove siano”. Prima regola quindi: informare sempre qualcuno del percorso che si intende seguire. “Spesso l’indicazione ci giunge dal rinvenimento dell’auto, ma ci sono zone che racchiudono a breve distanza diverse forre. In quale cercare?”. Per risolvere questo dilemma e recuperare tempo che può fare la differenza tra la vita e la morte, il soccorso alpino di Bolzano sta addestrando cani segugio che seguano gli odori e indichino ai soccorritori la via. Fatto sta che tra il tempo in cui parte l’allarme, raggiungere la zona e calarsi nel torrente, possono passare molte molte ore. Per movimentare una barella (ora il soccorso alpino di Bolzano ne sta testando una impermeabile) serve una squadra di 8-10 persone che devono essere accompagnati da attrezzisti dotate di trapani, chiode e corde per permettere al ferito di essere calato in sicurezza. Insomma, se volete fare canyoning, prima di assumere dei rischi eccessivi tenete conto anche delle conseguenze.

 

Canyoning: i numeri del movimento italiano

In Italia i torrentisti sono circa 2.000, una trentina nel solo Alto Adige. Quasi tutti fanno parte di associazioni o gruppi organizzati. E buona parte di loro parteciperà al 12esimo raduno internazionale organizzato dall’Associazione Italiana Canyoning, che quest’anno si tiene a Storo nella trentina valle del Chiese. Gli eventi (oltre alle discese del torrente sono in programma tavole rotonde, corsi, mostre, proiezioni e concorsi) si svolgeranno all’uscita di quello che viene definito «uno dei più bei torrenti trentini», il Palvico.

Tutte le informazioni sul movimento canyoning italiano al sito http://www.aic-canyoning.it/

Luca Barbieri

Ti potrebbe interessare

In mostra al Tacheles
Al passo con la Cina
#Lx Guida intergalattica per autostoppisti
Tongante: il Senegal al voto
Una bevuta al volo