Il “muro” giapponese

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Il peggior difetto o meglio il miglior pregio del giapponese della strada é l’impeccabile educazione in cui riesce ad avvolgere la propria inespugnabile xenofobia.

Takahiro san, come altri prima di lui, spiega che la cosa dipende dall’innata timidezza nipponica, ma io che per le casualitá della vita di orientali me ne intendo un po’ non mi lascio certo coglionare da un alibi cosí facile.

L’insicurezza, il timore di non essere in grado di aiutare il forestiero smarrito, non é che una faccia di un fenomeno poliedrico al cui centro – mia personale opinione – sta il fatto che l’individualismo é un concetto alieno alla cultura giapponese, ognuno é parte di una entitá piú grande, la nazione, e lo straniero é oggetto esterno ad essa.

Un occidentale puó instillare innocente curiositá nella scolaretta di provincia in gita al tempio, ma anche paura, nel petto della signora di mezza etá che nel vederti passeggiare dopo il tramonto corre, sí: corre a nascondersi come prima avevi visto fare solo nei vecchi spaghetti western. Ti puó pure capitare di incrociare lo sguardo inequivocabile del signore in abito, quella smorfia all’ingiú che vuol dire: preferirei tu non fossi qui, o dover inghiottire il boccone amaro del vecchietto seduto accanto a te sulla metro, mentre si alza e senza troppi complimenti prende il posto libero piú lontano che puó.

Nel mondo dei giovani le cose sono un po’ diverse, c’é curiositá, a volte idealizzazione verso terre e popoli lontani e cool, come in Europa puoi trovare fanatici di manga e anime impazzire per qualsiasi cosa venga dalla terra del Sol Levante, ma non ti devi creare false aspettative una volta arrivato a Tokyo, soprattutto se non sei in grado di comunicare. Essere mandati via da un locale underground di teenagers perché lo staff non conosce una parola di inglese non é piacevole se come la giovane Johanna credi nell’amicizia dei popoli ad ogni costo, ma in fondo si tratta di motivi essenzialmente pratici: non possono prendere le ordinazioni.

Ben piú forte é l’esperienza della bionda Liza, nippo-americana cresciuta rimbalzando tra Stati Uniti e Giappone, che pur sentendosi a tutti gli effetti asiatica, deve ogni giorno affrontare il fatto che per i suoi “connazionali” lei é e sempre sará un elemento estraneo alla loro nazione.

Davide Miozzi

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