Padova, la rinascita del biliardo passa (anche) per l’Università

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Cosa ci fa una piccola enclave dell’Università di Padova nella via dedicata al fisico Enrico Fermi, a Rubano? Il suggerimento ce lo può dare un altro grande scienziato, Isaac Newton. Già nel 17esimo secolo il grande matematico lo aveva capito: «Se vuoi comprendere il mondo, devi almeno saper giocare a biliardo». Una disciplina sportiva che proprio nella periferia di Padova ha uno dei circoli punti di riferimento del Veneto e del NordEst. Padova Biliardi, la «creatura» diretta da Loris Merlin, circolo Acsi, ha compiuto dieci anni: offre due sale con 13 biliardi tenuti perfettamente – cambio panno ogni 900/1000 ore di uso –, tutti rigorosamente senza buche. Bisogna infatti dimenticare «Lo spaccone», e se proprio dobbiamo prendere un riferimento cinematografico è meglio «Io, Chiara e lo Scuro», film certo di Francesco Nuti ma con l’indimenticato Marcello Lotti, pluricampione italiano di biliardo con i birilli, senza buche.

Meglio fare un po’ di chiarezza: il centro di cui si parla è una piccola Mecca per chi ama giocare a due specialità: goriziana (nove birilli) e italiana (cinque). Unica concessione alle buche un tavolo da snooker, la specialità anglosassone che sta prendendo piede anche in Italia. Grazie alle tante dirette di Eurosport: telecronache di Andrea Campagna e di Maurizio Cavalli. Quest’ultimo è di casa a Rubano (lui, residente a Due Carrare): ed è il Telecronista del biliardo, con la T maiuscola. Dai mondiali di biliardo all’italiana organizzati dall’allora Tele+ allo snooker di oggi, Cavalli accompagna da sempre gli amanti della stecca.

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Tornando alla presenza universitaria, svelato il mistero: «open-day» dedicato a Unipd e organizzato da un dipendente dell’ateneo, Lino Merlani, in collaborazione con l’Arcs e Nicola Volpe, presidente del circolo ricreativo dipendenti universitari. Merlani, passato da tiratore al piattello, presente da giocatore di biliardo: in pochi anni è diventato una seconda categoria. Il mondo dei biliardisti, infatti, si divide in fasce. Dall’alto al basso: professionisti, nazionali, master, prima seconda e terza categoria. Ma tutti sanno che all’interno delle sale la classifica è ben altra: i giocatori si conoscono e si sfidano. In rigoroso silenzio (le due sale di Padova Biliardi sono così divise: silenzio assoluto, stile monastero di clausura, una, possibilità di scambiare qualche parola sottovoce, l’altra).

Ma perché l’open day? «L’obiettivo è quello di allargare il bacino di soci del club, con un vero e proprio ricambio generazionale – spiega Merlin, che è una prima categoria –. Il tema è vitale: se penso all’età media degli oltre nostri 300 soci, probabilmente la prima delle due cifre che metto è un 6. Almeno sessant’anni: ma il biliardo invece è una disciplina che può attirare anche giovani. Ed è questa la scommessa che vogliamo vincere». E infatti alle lezioni del maestro Thomas Primon (categoria nazionale e istruttore federale) sono molti i giovani presenti. E a ben pensarci i tre citati, Merlin e Primon hanno tutte età che vanno dai 40 (di Primon) ai 50 anni (di Merlin). Il biliardo è una disciplina inclusiva: fra i grandi giocatori ci sono 30enni ma anche 60enni che si difendono e rimangono nelle prime posizioni. Ed è uno sport complicato, che chiede allenamento e mente fresca. Mettendo insieme fisica e matematica, visto che per i tiri di sponda ci sono varie tipologie di conteggio che utilizzano i diamanti (quei piccoli rombi a posizione regolare sulla sponda) per indovinare la traiettoria. Uno sport dove mente e corpo devono viaggiare insieme, senza cali di tensione. Basta un braccio rigido, un piede mal posizionato o un po’ di stanchezza mentale per sbagliare, e non di poco. Ma perché è consigliabile giocare a biliardo? «È uno sport per tutti – spiega Merlin –. Partendo dal presupposto che ci insegnavano gli antichi: mens sana in corpore sano. Ed è così che possono giocare i giovani, animati da una sana competizione anche nella partita fra amici, e i meno giovani. Anche perché il biliardo aiuta a mantenere fresca, attiva la mente. Si può quindi cominciare a 10 come a 70 anni: la strada da percorrere c’è ed è buona per tutti. E non si pensi sia una passeggiata: anche dopo 30 anni di esperienza rimane sempre qualcosa da imparare».

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(Merlin al tiro)

L’aspetto generazionale è la sfida che Merlin vuole vincere. Se i più anziani si sono appassionati giocando al bar, quando ogni locale ne aveva uno, la generazione di mezzo ha avuto altri spunti. «Io, ad esempio, mi sono appassionato al gioco guardando i grandi campioni su Tele+» ricorda Merlin. Allora – negli anni Novanta – imperversava l’italo argentino Gustavo Zito, terminator Vitale Nocerino (cuore d’oro scomparso troppo presto), Salvatore Mannone, Riccardo Belluta, e altri nomi che ancora si vedono sul biliardo. Prima ci furono gli albori televisivi, con i mondiali vinti da Carlo Cifalà e i film di Marcello Lotti, le sfide con Nestor Nenè Gomez. E prima ancora Paolino Coppo, Winkler Crotti. Una generazione epica che non può non vedere citati i due assi locali, Gastone Cavazzana (con suo figlio Fabio altro gran giocatore) e Paolo Venerando. Ora i nomi sono altri: Andrea Quarta, Daniel Lopez, Michelangelo Aniello, Crocefisso Maggio, Matteo Gualemi. Il biliardo ha avuto anni difficili, nessuno lo nega. Ma (anche) da Padova parte la rinascita.

Enrico Albertini

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