Pensando a Beslan (e a quei morti)

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Chissà cosa avranno pensato in quei tre giorni, prima di andare incontro al loro destino. Una lotteria: da una parte il biglietto fortunato,  la sopravvivenza, dall’altra la morte alla quale sono andate incontro 334 persone. Di loro 186 erano bambini: da Beslan, in Russia, il 3 settembre del 2004 il massacro si propagò nelle case di tutti, velocemente, in maniera cruda. Trentadue fondamentalisti islamici e separatisti ceceni tennero in ostaggio un’intera scuola  per tre giorni, prima dell’intervento della polizia russa. E fu una strage.

 

Otto anni dopo non resta che la memoria (a dire il vero, sbirciando i media nazionali, un po’ troppo sopita, ma questa è un’altra storia) di quei fatti. Di quei morti che la loro storia no, non ce la potranno più raccontare. Molti dei sopravvissuti  hanno perso parenti durante la strage, tanti – dicono i psicologi russi – crescono con la voglia  di vendicare. Che dalle loro mani possano aprirsi  carezze.

Il racconto dei tre giorni di Beslan  di Roberto Saviano. Cala il silenzio.

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