Vigilia di Natale a Betlemme: là, dove tutto è cominciato

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Natale a Betlemme; e dove se no? Come mi dice un mio amico: ci sono pellegrini che hanno speso centinaia di euro per venire dall’Europa o dall’America; e noi che abitiamo a un paio d’ore di strada, ci lasciamo sfuggire l’occasione?
No, e infatti eccoci qui! Confesso tranquillamente di non essere religioso e di essere venuto in parte per curiosità, e in parte per far festa. Betlemme infatti è la città palestinese con il maggior numero di cristiani, e quindi i costumi sono più rilassati che altrove, nei ristoranti e nei negozi si trovano birra e vino, e ci sono perfino un paio di posti dove andare a ballare…
Oggi però siamo qui per il Natale, non dimentichiamocelo. Arriviamo presto il giorno della Vigilia, verso l’una di pomeriggio, ma le strade sono già tutte intasate! Il centro storico con il suo famoso mercatino d’artigianato è gremito di gente fino all’orlo, quasi non si riesce a passare. A fatica ci apriamo strada per alcuni vicoli secondari e arriviamo nella grande piazza centrale, la piazza della culla o della mangiatoia.
Una folla enorme la occupa completamente. In mezzo vediamo passare lentamente una processione colorata: sono gruppi di giovani scout venuti da tutta la Palestina, ognuno con le loro divise, e vari strumenti musicali: cornamuse, tamburi, trombette. Sono vere e proprie bande: qualcuna intona le tipiche canzoni natalizie, altre suonano delle arie più marziali. Ci passano davanti, un gruppo dopo l’altro, dopo l’altro, dopo l’altro… per mezz’ora, per un’ora intera! Ma quanti scout ci sono in Palestina? A quanto pare ogni chiesa ha il suo gruppo. E molte moschee pure hanno i loro (anche se ovviamente oggi non ci sono). Strano, non ne avevo mai visti in giro…
Finalmente verso le tre arriva il culmine della processione: il patriarca latino di Gerusalemme fa il suo ingresso nella piazza, seguito dal suo codazzo di monaci e preti. I paparazzi e i cameramen si scatenano: è il momento clou del pomeriggio. In pochi minuti attraversa la folla e svanisce verso l’ingresso della Basilica della Natività. E subito l’adunata si scioglie, e la gente si disperde da tutte le parti, in cerca di un posto caldo dove sedersi a pranzare.
E io pure mi prendo un bel momento di pausa con i miei amici. Andiamo più tardi, verso le quattro, a dare un’occhiata alla Basilica. E’ un’edificio antico, ricostruito e restaurato più volte, con quell’aria vetusta, ombrosa, mistica, tipica delle chiese ortodosse. In una piccola cripta sotto la navata principale sta la grotta della natività, il luogo dove secondo la tradizione nacque Gesù. C’è perfino una grande mangiatoia in pietra. Sono già venuto due volte a visitare la chiesa; oggi però c’è una coda esagerata, e decidiamo di lasciar perdere la cripta.
Gettiamo uno sguardo fugace alla seconda chiesa, adiacente alla prima: una chiesa cattolica di stile neoclassico, costruita in tempi moderni, abbastanza banale e quasi di cattivo gusto. La messa solenne di mezzanotte sarà qui ma purtroppo non potrò vederla: ci vuole un biglietto speciale, bisognava prenotarsi in anticipo. E dura quattro ore! Mentre usciamo, scopriamo in un cortile interno un bel presepio a grandezza naturale.
Scende la sera e la piazza torna a riempirsi: ci sono dei concerti in programma. I miei amici palestinesi mi spiegano che tutti gli anni succede la stessa cosa: di giorno si vedono in giro soprattutto cristiani, venuti per seguire la processione; la sera molti dei cristiani se ne vanno a messa nelle varie chiese della città, e allo stesso tempo arrivano un sacco di musulmani da altre parti della Palestina, venuti per godersi l’atmosfera festiva e per divertirsi. E così per le vie di Betlemme tutti assieme si ritrovano tanti stranieri di ogni colore e provenienza, qualcuno venuto per fede, altri per curiosità; e molti arabi palestinesi di ogni confessione religiosa. Ecco un ottimo esempio di multiculturalismo!
L’atmosfera natalizia è molto forte: ci sono le lucine appese sopra le strade, un albero gigante in centro alla piazza, e molta gente col cappuccio rosso e la barba bianca. La fede e la spiritualità, al contrario, si sentono poco. In cerca dell’aspetto religioso della faccenda, alle otto di sera vado al Campo dei Pastori, a Beit Sahour, nella campagna fuori Betlemme. Qui ci sono tante piccole cappelle e in ognuna c’è un gruppo differente in preghiera. Un prete barbuto recita all’aperto le sue preghiere in una lingua completamente sconosciuta. Raggiungiamo le rovine di un antico monastero bizantino, e lì assistiamo ad una piccola messa per un pubblico raccolto di una cinquantina di persone. Le letture ed i canti sono in tre lingue diverse: inglese, francese e tedesco. Il giovane prete irlandese dà un breve sermone sul bisogno di pace e di giustizia per i palestinesi; il suo diacono accompagna i canti con una chitarra. Semplicità e raccoglimento.
Chiudiamo la giornata in casa di alcuni amici di Beit Sahour. Stasera siamo una trentina di persone, quasi tutti italiani; c’è un vero cenone di pesce, un finto albero di Natale, e tanta chiacchiera e baccano; a mezzanotte si fa un giro di regali, e poi parte una bella schitarrata di cantautori italiani… insomma, proprio come vuole la tradizione! E ogni tanto, una bella serata fra italiani, fa davvero sentire un po’ a casa.

Quattro Appunti

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