Dalla memoria al futuro: il viaggio di Medici con l’Africa Cuamm per i suoi 75 anni
Le parole piene di significato del Presidente della Repubblica, la voce tremante e carica di emozione di Carolina Teston, giovane specializzata in ginecologia appena rientrata dalla Sierra Leone, il racconto e la musica “fuori dal coro” di due amici di lunga data come Daniele Silvestri e Niccolò Fabi, il linguaggio lirico di Paolo Rumiz nel suo ricordo di don Luigi Mazzuccato, la capacità narrativa di Mario Calabresi. Questi solo alcuni frame dell’evento unico che sabato 22 novembre, in Fiera a Padova, ha celebrato i 75 anni di Medici con l’Africa Cuamm. Un racconto coinvolgente, tessuto dalla moderazione della giornalista Giorgia Cardinaletti, che ha tenuto insieme lo sguardo al passato – dallo “slancio del cuore” dei primi medici alla figura di don Luigi, direttore per 53 anni, uomo dal carisma dimesso ma irresistibile, per usare le parole di Rumiz – un presente ricco di progetti significativi – dalla nuova ostetricia di Bossangoa in Repubblica Centrafricana agli ambulatori in Puglia nei campi-ghetto dove vivono i migranti – per poi proiettarsi al futuro, con le nuove sfide per il 2026.
“Ma tu cosa sei venuto a fare fai qui? Perché mi tocca”: la risposta data da Fabi alla domanda “a bruciapelo” arrivata medico nel mezzo di un viaggio 10 anni – rievocata dal cantautore sul palco – ha interpretato un po’ la ricerca di senso che ha percorso tutte le storie e le testimonianze che si sono alternate nel corso della mattinata: «Ripensando a quella risposta, ho capito che racchiudeva tutte le motivazioni che tutti provano: mi tocca nel profondo, come fosse una chiamata, una mano sulla spalla. Ma c’è anche qualcosa che ha a che fare con un destino inevitabile e difficile, legato al senso di colpa di occidentale privilegiato. Tutte queste ragioni contengono un grande amore e una gioia profonda. Grazie al Cuamm ho conosciuto forse la parte migliore di questo Paese».
Ospite d’onore il Presidente Sergio Mattarella: l’abbraccio con don Dante Carraro, direttore della ong padovana, che poco prima gli aveva tributato un grazie carico di calore, è stato anche l’abbraccio con i 4mila presenti in sala, che con il loro lunghissimo applauso hanno testimoniato la vicinanza al Capo della Stato.
«Oggi più che mai – ha spiegato Mattarella – il futuro dei due continenti e dei popoli è sempre di più interconnesso e il Piano Mattei è un un passo verso questa cooperazione. La solidarietà è antidoto all’indifferenza, e Cuamm è stata la prima Ong italiana riconosciuta in campo sanitario. Quella legge fu firmata da Aldo Moro, che da giovane diceva che era importante “avere fame e sete di giustizia”. Questo insegnano le donne e uomini del Cuamm, far crescere la consapevolezza della dignità inviolabile e del rispetto di ogni persona».
«Da 75 anni coltivate valori che sono andati fuori moda – nelle parole di Calabresi, l’affetto e la vicinanza che deriva da una lunga frequentazione, amicizia e collaborazione con l’ong -. In un tempo che ha fatto della velocità e dell’urgenza i suoi punti cardinali voi scommettete su progetti di lungo periodo, sulla pazienza, sulla costanza. In un mondo che costruisce muri fisici ed emotivi, voi continuate a frequentare l’empatia. In una società distratta che ha smesso di guardare gli altri, voi non vi stancate di guardare e di ascoltare. Di fronte all’imperativo della comodità voi rispondete con l’esercizio della fatica. Da 75 anni vi guida l’idea che le cose debbano crescere, il vostro senso del tempo è contadino, accompagna le stagioni della vita, lavora la trasformazione dei progetti, perché questi progetti come i bambini possano cominciare a camminare da soli e diventare indipendenti».
«La sfida che accogliamo e rilanciamo per il 2026 – è stato l’invito lanciato da don Dante Carraro prima di cedere il palco al Presidente Mattarella – si chiama Nekemte, in Etiopia. Un’area che ha accolto quasi 150mila sfollati. Un sistema sanitario al collasso, un ospedale che straripa di pazienti, una struttura fatiscente. È qui che vogliamo dare una mano e fare la nostra parte»