Vietnam, il delta del Mekong sprofonda: ci vivono 21 milioni di persone

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Il delta del Mekong, nel sud del Vietnam, sta sprofondando. A lanciare l’allarme è un team internazionale di ricercatori tra cui Simone Bizzi del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova, che ha pubblicato una ricerca a riguardo sulla rivista scientifica statunitense PNAS (l’articolo si può leggere qui). Parliamo di un’area popolata da 21 milioni di persone che costituisce una risorsa di importanza globale: il fiume Mekong, infatti, con circa 4.880 chilometri è il settimo al mondo per lunghezza, il dodicesimo per portata e il corso d’acqua e uno dei maggiori dell’Asia.

Mekong, tra riscaldamento globale e sfruttamento eccessivo

Il team di ricercatori – a firmare l’articolo sono R. J. P. Schmitt, M. Giuliani, S. Bizzi, G. M. Kondolf, G. C. Daily e Andrea Castelletti – ha calcolato che una percentuale variabile dal 23% fino al 90% del delta del Mekong rischia di finire sotto il livello del mare entro il 2100. Le cause sono da un lato l’innalzamento del livello dei mari causato dal riscaldamento globale e dall’altro la subsidenza, ovvero lo sprofondamento del fondale, incentivata da un utilizzo non sostenibile delle acque sotterranee e del ridotto apporto di sedimenti fluviali al delta dovuto alla costruzione di numerose dighe per lo sviluppo di energia idroelettrica. Lo studio integra modelli matematici di diversi componenti del sistema – trasporto solido fluviale, subsidenza, scenari climatici e innalzamento del livello del mare – e dimostra come, a causa del forte impatto antropico, la sopravvivenza stessa del delta sia a rischio.

delta del Mekong

Come si legge in una nota dell’Università di Padova, gli autori della ricerca, tra i quali i vincitori del premio Aspen Institute Italia 2021 per la collaborazione e la ricerca scientifica tra Italia e Stati Uniti per un precedente studio sempre sullo stesso tema, mettono in evidenza come la gestione dei problemi nel bacino fluviale e nel delta debba essere integrata poiché i processi sono strettamente interconnessi.

Sebbene l’impatto maggiore derivi dalla grande incertezza riguardo gli scenari futuri di prelievo di acque sotterranee, i relativi fenomeni di subsidenza e gli scenari climatici, le simulazioni effettuate dimostrano la grande importanza di una pianificazione strategica per l’installazione di nuove centrali idroelettriche lungo il corso del Mekong al fine di aumentare il trasporto di sedimenti verso il delta e compensare i processi di subsidenza e innalzamento del livello del mare.

Bizzi: «Le attuali politiche mettono a rischio la nostra permanenza»

«Visto quanto l’attuale impatto antropico modifica la dinamica terrestre, per il futuro è diventato prioritario riuscire a comprendere l’effetto delle nostre politiche di gestione territoriale nella loro complessità geomorfologica, idrologica ed ecologica – spiega il professor Simone Bizzi (nella foto) –. Le attuali politiche gestionali, soprattutto in paesi emergenti e densamente abitati come il delta del Mekong, stanno trasformando le caratteristiche degli habitat in cui viviamo mettendo a rischio la nostra stessa permanenza in questi habitat. Comprendere come e dove si possa agire per invertire questa tendenza è una priorità a cui la ricerca può e deve dare una risposta. Questo lavoro ha guardato al caso studio del delta del Mekong con questo spirito e mostra la complessità delle sfide che abbiamo davanti».

Simone Bizzi

Foto: ufficio stampa Università di Padova

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