Hrant Dink, di genocidio armeno si muore ancora

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Con questo post si conclude la serie “Istanbul alla A alla Z”, di Nicola Brocca

Hrant Dink için. Develet için. Per Hrant Dink, per il popolo.

Il 17 gennaio ogni anno la piazza di Taxim si riempie. Ad aprire il corteo un grande tazebao: “Per Dink, per il popolo” e pochi metri dietro “Siamo tutti Dink, siamo tutti armeni”. Chi era Hrant Dink? Perché a sei anni dalla morte ancora tante persone si raccolgono per ricordarlo?

“Neden”, ”Perché?” è il nome della talk show dove qualche mese prima della sua morte Hrant Dink partecipa. Il presentatore vuole discutere dell’articolo 301 del codice penale turco: “Chi offende la nazione turca […] è punito con la reclusione dai sei mesi a tre anni”. Negli ultimi anni una cinquantina di intellettuali e artisti vengono processati per aver offeso l’identità turca: tra questi lo scrittore Orhan Pamuk, la scrittrice Elif Şafak e recentemente il giornalista Hrant Dink.

In studio, oltre a Dink, sono presenti giuristi e accademici. Dink condannato a sei mesi è ricorso in appello presso il trubunale per i diritti umani dell’Aja. L’imputato Dink sostiene di non aver mai inteso offendere la nazione: nel suo giornale in cui cercava di far dialogare turchi e armeni Dink ha parlato del genocidio degli Armeni accaduto in Turchia all’inizio della prima guerra mondiale. Dink sa di toccare un taboo nella Turchia, che non ha mai voluto elaborare questo dramma ed ha sempre negato il genocidio degli Armeni. Vuole mettere alla prova la democrazia della sua terra: potrebbe scappare in Europa come gli amici gli consigliano, ma vuole che il rispetto delle minoranze in Turchia passi per la libertà di opinione e il diritto alla verità storica. Da quando nel 1996 ha fondato il giornale Agos, Dink ha cercato di riconciliare “due popoli così vicini, due vicini così lontani”: la sua critica si rivolge da un lato ai turchi che non ammettono lo sterminio di più di un milione di armeni tra il 1915 e il 1916, dall’altro a certi armeni colpevoli di cadere nella tentazione di sfruttare per ragioni politiche il ruolo di vittima.

“Neden”/”Perché?” durante la trasmissione nessuno degli altri ospiti difende Dirk nè gli riconosce il diritto di parlare del genocidio; un professore di Niĝde minaccia: “Chi si occupa di morti, finisce presto in una bara”. Sembra una sentenza di condanna a morte.

Dink viene assassinato con colpi di pistola al collo da un fanatico nazionalista diciasettenne. Durante il processo emerse una serie di connivenze tra Stato, servizi segreti, gruppi nazionalisti lupi grigi che hanno fatto in modo che il grilleto venisse premuto quel 17 gennaio 2007.

Alla sua morte si raccolgono più di 100.000 persone che credono in una democrazia in Turchia e nel rispetto delle minoranze. A Padova nel Giardino dei giusti a Terranegra una lapide è dedicata e lui.

 Nicola Brocca

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