Il monastero di Daila fra Istria e Praglia. Chiesa contro chiesa

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Il 12 luglio 1866 le truppe italiane entrarono in Padova. Il 4 giugno dell’anno successivo fu applicata nel Veneto la legge che sopprimeva tutte le corporazioni religiose. La comunità dell’Abbazia di Praglia fu sciolta una seconda volta, dopo quella decisa da Napoleone nel 1810. La maggior parte del monaci trovò rifugio nel monastero di Daila, in Istria, allora in territorio austriaco. Il monastero rimase in funzione fino al 1948, anno in cui il cambio di regime portò alla confisca del prestigioso immobile in riva al mare. Fino all’anno 1989 l’ex monastero funse da casa di riposo per anziani e ospizio per i poveri. Da allora è abbandonato. La secolare storia di tale complesso, nonché il suo innegabile valore architettonico, ne impongono la conservazione, il restauro ed il ripristino, nel contempo attirano molti interessi connessi al turismo, specie  quello d’élite.

La complessa querelle, che ha visto per anni antagonisti i benedettini italiani e la Chiesa croata rinvia alle vicende dei beni nazionalizzati nel dopoguerra dalle autorità jugoslave, che cacciarono i religiosi italiani, rifugiatisi da allora in provincia di Padova. Nel 1999, in base alla normativa sulla denazionalizzazione e agli accordi con la Chiesa croata, Zagabria aveva assegnato la tenuta di Daila alla diocesi di Parenzo-Pola. Immediate le reazioni degli ambienti curiali croati, secondo i quali i benedettini di Praglia non hanno più alcun diritto su Daila in quanto già risarciti con 1,7 miliardi di lire da Roma, in base agli accordi di Osimo del 1975. Ma la Santa Sede evidentemente era ed è di parere diverso, facendo trapelare, unitamente agli ambienti ecclesiastici croati sorpresa e irritazione.

Dagli ambienti governativi emerge imbarazzo ed estrema cautela per un conflitto a colpi di milioni di euro tra la Chiesa locale e la Chiesa di Roma. L’Abbazia di Praglia, che si ritiene erede dei Benedettini di Daila, è in rotta di collisione con la Diocesi di Parenzo e Pola, alla quale nel 1999 lo Stato croato aveva assegnato la proprietà di Daila. Un baillame di intrighi e interessi che si scontrano. Chiesa contro Chiesa, dunque.

La parte triste della storia è che gli ultimi monaci presenti a Daila furono processati con (false?) accuse da parte del regime jugoslavo nel 1948. Alcuni furono condannati ai lavori forzati per sfruttamento, contrabbando, appropriazioni indebite e altre accuse che, suppongono molti, avevano lo scopo di sottrarre ai monaci i possedimenti per nazionalizzarli. Sta di fatto che in tanti anni la struttura, magnifica, è stata meta di vandali e solo alcuni edifici sono stati recentemente recuperati. Il bello è che dopo il 1999 la Chiesa ha iniziato a vendere i terreni ricevuti, un po’ come già successo con le case abbandonate di chi, dopo la Seconda guerra mondiale, se ne era andato all’estero. Doveroso ricordare che negli ultimi anni la Diocesi istriana ha venduto circa 200 ettari della tenuta, che ne comprende ben 600, destinati a progetti nella sfera del turismo commerciale. I Benedettini di Praglia dicono di esser stati sempre, indipendentemente dalla nazionalizzazione, gli unici proprietari sia della terra sia del monastero, per il semplice fatto che l’ex Zona B era stata consegnata dalle autorità militari a quelle civili solo nel 1954. E Daila allora era inclusa nell’ex Zona B.
L’ultima notizia è che, da pochi giorni, monsignor Ivan Milovan non è più vescovo della Diocesi istriana. Si è dimesso dall’incarico per le pressioni ricevute dal Vaticano, dimissioni immediatamente accettate dal Papa. Non lo ha dichiarato esplicitamente, limitandosi a dire che l’opinione pubblica conosce molto bene i retroscena. Secondo la stampa croata sarebbe stato il segretario del Vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, a costringere il vescovo a ritirarsi. Milovan aveva disobbedito al Papa, rifiutandosi di firmare il famoso accordo con cui la Diocesi istriana restituiva ai frati benedettini di Praglia la tenuta di Daila. Dopo alcuni mesi Benedetto XVI infatti aveva nominato vescovo coadiutore una persona di sua fiducia,monsignor Drazen Kutlesa, fatto arrivare dall’Erzegovina, che aveva assunto di fatto la gestione della diocesi.
Sarà ora interessante vedere i prossimi risvolti della tormentata vicenda che ha sollevato un grande polverone nella sfera ecclesiastica e sulla scena politica croata. Con l’uscita di scena di Milovan il Vaticano tenterà nuovamente di ridare la tenuta di Daila ai Benedettini. A Zagabria avrà un alleato in più stavolta: il neopremier Zoran Milanović, che un anno fa, quando era all’opposizione, aveva giudicato la vicenda come un problema di ambito ecclesiastico. Nel frattempo avrà cambiato opinione?
Verso quali interessi si orienterà lo stato croato, i propri interessi nazionali o si so troverà prono alle rivendicazioni molto materiali del Vaticano?
Bruno Maran

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