Il nome inglese dei cinesi

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Credo che ogni straniero out there abbia pensato o vorrebbe scrivere prima o poi una storia in materia. Anch’io, come loro, sono anni che lo dico. Non conto certo di avere l’esclusiva ne’ di essere esaustiva ma dopo la perla che ho sentito oggi, ho deciso che sia giunto il momento di almeno cominciarla, questa storia. Altrimenti, a suon di rinvii, finisce nel dimenticatoio.

Una storia tanto divertente quanto revealing. Perche’ schiude le porte su quanti miti, stereotipi, ingenuita’, errori e fraintendimenti ci siano ancora, tra i Cinesi, circa le culture straniere. Anche in luoghi ‘tecnicamente’ super occidentalizzati e internazionali come Shanghai.

Il tutto ha inizio con il fatto che i Cinesi che vivono o lavorano in un contesto internazionale, quale appunto quello di Shanghai, hanno, per ragioni pratiche, anche un nome inglese (o, se non inglese, occidentale).

Il “battesimo occidentale” avviene in modi e tempi diversi: solitamente, e’ un nome che viene dato loro a scuola da un insegnante (di lingua) ma c’e’ anche chi se lo sceglie da solo. Nei casi piu’ semplici, la scelta del nome viene fatta in base a pura assonanza fonetica (ad esempio Lily da 丽丽), altrimenti e’ riconducibile alle ragioni piu’ svariate: il nome di un personaggio famoso (ad esempio Coco da Chanel), elementi della cultural cinese (come Jade). Chi piu’ ne ha, piu’ ne metta. Si tratta di nomi che, poi, i Cinesi si tengono per il resto della vita. Una vera e propria “seconda identita’”, insomma.

Sono tanti, i loro nomi stranieri, curiosi, e insoliti, in cui mi sono abbattuta vivendo in Cina, che potrei quasi azzardare un tentativo di categorizzazione.

Partirei con tutti i Tiger e Rabbit, a cui poi assocerei Lion e i suoi amici Hero, Champion e King vari.
D’accordo, sono (i primi due) una sorta di compromesso con la cultura indigena (gli animali dell’oroscopo cinese) ma: a) in Occidente non sono solitamente nomi propri; b) fatta eccezione per Rabbit, sono dei nomi piuttosto impegnativi, come dire, devi avere le physique du rôle per portarli. Non puoi chiamarti Champion o Hero se poi fai il receptionist (con tutto il rispetto per i receptionist ), come ho avuto modo di vedere in un ufficio a Pechino!
E credo che il 99% di questi cinesi ignorino tanto a) quanto b).

Al secondo posto, poi, metterei quei nomi che i cinesi si danno pensando di essere cool o per richiamare un qualcosa che, nell’immaginario collettivo cinese, e’ considerato cool.
Un esempio tra tutti: Latte.
La Cinese del caso s’era scelta questo nome a suon di Starbucks, dove “Latte” e’ sostanzialmente il caffe’ latte. Convinta, cioe’, che indicasse una bevanda trendy dell’Occidente moderno e sviluppato.
Quando poi le e’ stato spiegato che cosa significhi letteralmente “latte”, la delusione e’ stata summa.

A fare compagnia a Latte, o, anzi, come ironicamente ha detto un amico, a farci un minestrone, metterei anche – preparatevi –  Broccoli.

Il poverino e’ un Cinesino che part-time studia l’italiano e che s’e’ voluto quindi scegliere un nome  del Bel Paese (o cosi’ credeva). Quando ci hanno presentanto e ha saputo da dove vengo, me l’ha sbandierato orgogliosissimo. La mia reazione e’ stata tra lo sbalordito e il divertito, (e, ad essere sincera, anche piuttosto schifata, pensando al profumo che emanano i broccoli). Ho provato a spiegarli che, ecco, beh, in Italia nessuno si chiama “Broccoli “di nome. “Al massimo” – gli ho detto per non scoraggiarlo del tutto –  “c’e’ qualcuno che fa Broccoli di cognome” (chissa’ se e’ vero poi).

C’e’ anche tutto un insieme di nomi che definirei ‘innocui’,  che, senza troppe pretese, si richiamano  semplicemente ad un nome comune, inoffensivo: Rainbow, Lyric, Cosmo (anche se, pure questo, in effetti punta piuttosto in alto). Alcuni di questi, pero’, scivolano al confine con quei nomi che per me giacciono nel buco nero del non senso: Zona e Pipi (conosciuti personalmente non da me ma dal mio amico A.) e – ad oggi il mio preferito- Aloho.
Gia’, Aloho – non “Aloha” come il saluto hawaiano.
In questo caso devo dire che una mezza spiegazione me la sono anche riuscita a dare: secondo me si tratta di un Cinese (non l’ho incontrato di persona, solo via email, quindi tuttora non sono certa se sia maschio o femmina) che ha pensato di rendere al maschile un termine che chissa’, li’ per li’,  riteneva essere da donna.

Cose curiose, poi, succedono anche all’accostamento del nome straniero con il cognome, che rimane sempre rigorosamente cinese. Il migliore tra tutti, in questa categoria, e’ il signor Pan che, secondo voi, che nome inglese si e’ scelto?
Peter
.
Ovvero, Mr. Peter Pan. Che, cigliegina sulla torta, quando l’ho conosciuto lavorava per un’agenzia di viaggi (forse per l’Isola che non c’e’).
Eccezionale, Peter Pan!

E arriviamo cosi’ alla perla di oggi, che ha il suo posto di tutto rispetto tra questi estremi.
Avevo contattato un centro che organizza corsi vari, inerenti la cultura cinese: dalle tradizionali lezioni di lingua ai corsi di tai chi.
Dopo poco mi arriva la risposta, da parte della Direttrice stessa.  La quale si e’ firmata niente di meno che: Lisa Mona.
Lisa Mona!

Ecco, qui vi lascio sbizzarrirvi con i commenti.

Rimanete sintonizzati, perche’ questo e’ un capitolo vivente, continuamente in fieri.

E, per quel poco che conosco la Cina, il mio istinto mi dice che c’e’ ancora molto in serbo per noi, occidentali dai nomi da comuni mortali.

Silvia Sartori

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