Sul monte Libano, roccaforte dei maroniti

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La vera giornata di esplorazione inizia alle sei di sera. Ci lasciamo alle spalle Baalbek in direzione di Deir al Ahmar e delle pendici del monte Libano. Una strada ripida e tortuosa dovrebbe portarci al di là della grande catena montuosa verso la riserva dei Cedri, la valle della Qadisha e la cittadina di Bsharré. L’ho percorsa una volta due anni fa in autostop, e per me resta la più bella strada di tutto il Libano. Arrivati a Deir al Ahmar ci aspetta però un’amara sorpresa: il valico è bloccato dallo neve. Ma come? Siamo a fine maggio! Com’è possibile che non l’abbiano già spazzata via? Ci ostiniamo ad andare avanti e a tentare la fortuna, ma all’inizio della salita incrociamo un’altra macchina in discesa che è rimasta bloccata e ha appena fatto dietro-front.

L’unica alternativa che conosco è rientrare a Beirut e risalire verso nord lungo l’autostrada litoranea: un viaggio di almeno quattro ore. Arriveremmo distrutti e a notte fonda. Fermarsi a dormire a metà strada: sì, ma dove? In più abbiamo già prenotato due letti in rifugio a Bsharré, e mi scoccia annullare all’ultimo minuto. Chiediamo consiglio a un signore del posto e lui ci rivela l’esistenza di una scorciatoia: una strada secondaria che sale su tra le montagne a metà strada tra Deir el Ahmar e Zahle, per scendere giù lungo la costa a Jounieh. La lunghezza del percorso  resta quasi la stessa, ma almeno scopriremo una strada nuova, e così decidiamo di seguire le sue indicazioni.

Attraversiamo alcuni villaggiuccoli tristi e deserti lungo il bordo occidentale della valle della Bekaa; poi imbocchiamo una strada in ripida salita, e un tornante dopo l’altro rimontiamo verso la cresta. Le viste sulla pianura sottostante sono magnifiche. Il cielo è incerto e capriccioso, e gli sprazzi di sole si mescolano ai banchi di nuvole scuri e minacciosi. Superiamo l’ultima larga curva e ci ritroviamo in una specie di altopiano ondulato, brullo e desolato. Un timidissimo mantello di erbetta olivastra e argentata ricopre una crosta di roccia massiccia e grigia. Pochi cespugli sparsi qua e là. Sembra di essere in cima alle Alpi. In una buona mezz’ora incrociamo soltanto un’altra macchina. Ci fermano a gesti: anche loro passano di qui per la prima volta, e non sono sicuri di essere sulla strada giusta. Li rassicuriamo.

Nessun paese né alcuna costruzione: il sottile nastro scuro d’asfalto è l’unica traccia permanente della presenza umana. Qua e là si vedono però dei piccoli accampamenti di tende chiare: sono gruppi di beduini transumanti. Trascorrono l’inverno nelle pianure della Bekaa, e d’estate salgono in quota per alcuni mesi per sfruttare i pascoli montani e le acque del disgelo. I loro greggi di pecore scure ricoprono i fianchi dolci delle colline. E’ un mondo a parte, effimero e frugale, e completamente diverso da tutto il resto del Libano. A ottobre inizieranno a soffiare i venti gelidi dell’autunno, cadranno le prime nevi, e l’altopiano resterà completamente deserto e abbandonato fino alla prossima primavera.

Inizia la lenta discesa sull’altro versante: la strada si infila in una vallata lunga e stretta, e verso il fondo vediamo già due piccoli paesi per i quali prima o poi dovremo passare. Poi all’improvviso, inaspettato, un posto di blocco dell’esercito. Il soldato alla sbarra ci ferma per chiederci dove stiamo andando; al sentirci rispondere Jounieh, poi Bhsarré, si mette a ridere e ci spiega che non c’è motivo di scendere fino a Jounieh: c’è una strada lungo le montagne, attraverso Tannourine, che arriva fino alla valle della Qadisha e a Bhsarré. Siamo increduli. Né la nostra cartina né le persone a cui abbiamo chiesto indicazioni ce ne hanno segnalato l’esistenza. Sono già le sette passate e il tramonto è vicino: un errore a quest’ora può costarci caro. Il richiamo dell’esplorazione è però troppo forte. Decidiamo di fidarci, prendiamo la destra al primo incrocio, e ricominciamo a salire lungo i fianchi scoscesi di un’altra montagna.

Difficile descrivere gli incredibili paesaggi di questa emozionante parte del viaggio. Difficile perché la strada è stretta e dissestata e devo concentrarmi costantemente sulla guida. Difficile perché la notte scende troppo presto a celare ai nostri occhi le bellissime regioni nelle quali lentamente ci inoltriamo. Passiamo attraverso paesi di montagna piccoli e austeri, raccolti su lembi di terra strappati con laboriosa pazienza alle ripide scarpate. Superiamo valichi arcigni e ridiscendiamo lungo anguste vallate, costeggiamo burroni e risaliamo tornanti, inseguendo il miraggio delle luci distanti del prossimo villaggio. Siamo nel centro del territorio storico dei cristiani maroniti; e nell’attraversarlo ci rendiamo conto di come abbiano potuto difenderlo per oltre un millennio dalla pressione dei vari dominatori musulmani. Ad ogni nuova valle che si apre di fronte a noi dopo un passo, ci rallegriamo di essere arrivati; ma ogni volta che chiediamo informazioni, scopriamo che la nostra meta è ancora lontana, e un altro valico ci aspetta più avanti lungo la strada. Infine l’orizzonte si apre largo di fronte a noi, e ci addentriamo in un cerchio di montagne più ampio e allungato di quanto mai visto prima: è la valle della Qadisha, ora finalmente la riconosco, nonostante il buio della sera. Ci resta un ultimo quarto d’ora di strada attraverso paesi più grandi e ben costruiti per arrivare infine a Bsharré: sono le nove passate, e siamo molto stanchi ed affamati, ma assaporiamo dolcemente la soddisfazione di questo arrivo ben meritato dopo una lunga ed incantevole peregrinazione.

Quattro Appunti

 

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