Informazione e "pensiero unico" in Alto Adige

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In Alto Adige vige un regime di monopolio in diversi settori, sia sul fronte del commercio che su quello dell’editoria. In quest’ultimo, manco a dirlo, a trarne vantaggio è spesso e volentieri il gruppo Athesia della potentissima famiglia Ebner. A pensarlo sono in molti, a dirlo invece pochi. A metterlo nero su bianco adesso sono stati, nientemeno, che i giudici del Tar di Bolzano. La magistratura amministrativa ha accolto il ricorso di due radio locali contro la Provincia, definendo la normativa provinciale sui contributi alle emittenti radiofoniche una palese violazione «del diritto dell’informazione» e dei «principi di parità di trattamento e di non discriminazione» stabiliti dalla Costituzione e dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.

La sede di Suedtirol 1

Il Tar ha così accolto il ricorso presentato dalle emittenti indipendenti Radio Südtirol e Radio Sonnenschein, assistite dall’avvocato Antonella Castrignanò. Le delibere provinciali contestate, confermano i giudici, hanno agevolato la One Air Srl del gruppo Athesia, consentendole di rafforzare la propria posizione nel mercato radiofonico altoatesino. Le due emittenti riottose però non si sono rassegnate e hanno contestato davanti alla giustizia amministrativa le delibere della giunta provinciale relative ai criteri richiesti alle emittenti radiofoniche per accedere al contributo, nonché al provvedimento che nel 2009 ha corrisposto 324.007,44 euro alle radio in possesso dei requisiti stabiliti. Le due emittenti erano state infatti escluse dal contributo provinciale per non aver rispettato i criteri stabiliti dalla Provincia. In pratica, per non aver acquistato le notizie dal gruppo Athesia. I giudici del Tar hanno accolto il ricorso, confermando in particolare che «i requisiti fissati nei confronti delle agenzie presso le quali le stazioni radiofoniche devono abbonarsi sono talmente rigorosi che possono essere soddisfatti solo dall’agenzia di stampa One Air Srl» scrivono i giudici, che alla luce della legge provinciale attribuiscono alla società «la posizione di monopolista dell’informazione». La Provincia avrebbe in questo modo agevolato l’agenzia gravitante nell’orbita del gruppo Athesia, tanto che a palazzo Widmann la delibera provinciale era stata ribattezzata «legge Rmi», dal nome di Radio Media International, consorzio di emittenti che comprende anche quelle facenti capo agli Ebner. Con la fissazione di criteri selettivi «il principio del pluralismo informativo, elemento caratterizzante l’ordinamento democratico, subisce un grave vulnus e il rischio del controllo politico sull’informazione è maggiore. Attraverso un mal congegnato meccanismo contributivo si rischia di sopprimere il pluralismo informativo» scrivono i giudici del Tar. Non basta. Il meccanismo — sostengono i ricorrenti e confermano i giudici — è stato consapevolmente approntato proprio dalla politica altoatesina. Lo dimostra la lettera che lo stesso presidente Luis Durnwalder inviò il 29.11.2010 a uno dei ricorrenti. Anche a Palazzo Widmann, quindi, si sapeva che solo Rmi soddisfava i requisiti richiesti alle agenzie di stampa, e che solo le emittenti che si fossero rivolte a quel network avrebbero ottenuto il contributo. In questo modo l’agenzia di stampa poteva aumentare il costo dell’abbonamento per le emittenti radiofoniche, «che non fanno altro che passare direttamente il contributo al monopolista sotto forma di abbonamento aumentato» scrivono i giudici, che rilevano come di fatto la Provincia abbia in questo modo messo in piedi una specie di contributo camuffato, destinato all’agenzia di stampa della galassia Athesia. La decisione ha stabilito l’annullamento delle delibere provinciali relative a criteri e contributi. Soddisfatto l’avvocato Castrignanò. «Stabilendo criteri non imparziali per l’ottenimento dei contributi, vitali per la sopravvivenza delle piccole radio, si consentiva all’agenzia Rmi di fare il prezzo che voleva sul mercato» ha sottolineato il legale. Sottraendo alle emittenti il finanziamento un tempo erogato dallo Stato e oggi delegato alla Provincia si metteva in crisi proprio la sopravvivenza delle piccole radio, agevolando il rafforzamento del «pensiero unico» dominante.

Silvia Fabbi

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