Libia, la guerra per il gas delle rocce

FacebookTwitterLinkedInWhatsAppEmail
In Libia la nuova risorsa: il metano intrappolato nello scisto

Almeno 48 giacimenti in 32 Paesi diversi: e tra questi, soprattutto, la Libia tormentata dalla guerra e l’Algeria che, di fronte al conflitto del vicino, è rimasta neutrale e non ha ancora riconosciuto il governo degli insorti. Dopo il petrolio e il gas naturale, è il gas di scisto a fare da carburante all’ultimo – per ora – conflitto nel Mediterraneo. Un combustibile, secondo i geologi, come caratteristiche è identico al metano, e si trova intrappolato all’interno dei banchi di rocce piatte, quasi a scaglie, chiamate scisto. Secondo le stime del Governo degli Stati Uniti, la risorsa è di portata enorme: si tratta di milioni di miliardi di metri cubi sparsi un po’ in tutti i continenti, ma con grandi “serbatoi” in alcuni Stati che si affacciano sul Mediterraneo. Gli Usa hanno cominciato nel 2000 a sfruttare questo tipo di gas, con un incremento spaventoso della produzione in soli dieci anni. Poi è stata la volta della Francia a provare a utilizzare i propri banchi di scisto, anch’essi ricchi di gas. Ma subito è stata rivolta: perché le trivellazioni (orizzontali, anziché verticali come nei pozzi) richiedono un enorme consumo di acqua e un via vai di mezzi pesanti, impianti inquinanti per un periodo che, per aprire un solo giacimento, richiede fino a un anno e mezzo di preparazione per uno sfruttamento che dura poco più di un anno. Inquietanti anche le dimensioni: si tratta di voragini di 700, 800 metri cubi e di tubazioni che superano i tre chilometri di lunghezza per ogni singolo pozzo orizzontale.
 
  Gli antichi egiziani combattevano per l’argento, gli etruschi e i punici per il ferro e il piombo, poi sono giunte – nel Ventesimo secolo – le guerre del petrolio, scavalcate oggi da quelle per il gas.  

La Francia punta molto sul gas di scisto, ma le opposizioni interne non le permettono di scavare i propri pozzi in territorio nazionale. La Libia è ricca di questo combustibile, ma fino allo scoppio della guerra – in marzo – aveva la maggior parte dei contratti energetici con compagnie italiane. E appena un mese dopo i primi bombardamenti, l’Eni ha messo a segno un colpo importante: l’accordo con Sonatrach (compagnia energetica di Stato) per esplorare e sfruttare i bacini di gas di scisto in Algeria.Secondo l’analista del Wall Street Journal Amy Myers Jaffe, la crescita della produzione del gas di scisto dovrebbe presto abbattere i costi energetici: secondo alcuni studi condotti in Francia, il prezzo dei carburanti potrebbe precipitare del venti, trenta per cento in meno di trent’anni, se questa risorsa venisse sfruttata su larga scala. 

 

Ma gli ostacoli sono molti. Gli Stati Uniti stanno già andando in sovraproduzione, mentre il mercato dell’Europa e del Mediterraneo resta ancora incerto e legato agli esiti della guerra in Libia. Non è un caso che la Russia, grande esportatore di gas naturale e potenzialmente danneggiata dall’utilizzo massiccio del gas di scisto, si sia opposta ai bombardamenti Nato della Libia: e non è nemmeno una coincidenza che il primo Paese a sganciare gli ordigni su Tripoli sia stata la Francia, affamata di gas e bloccata nell’estrazione dai giacimenti interni. Contraria alla guerra è stata sin dal principio anche la Germania, alleato energetico di Mosca, al punto che l’ex cancelliere Gerhard Schroeder lavora per Gazprom (la compagnia energetica russa) e presiede la società che sta realizzando il gasdotto Nordstream, per portare in Europa altro metano dalle regioni dell’ex Urss.

Marco Mostallino

   

 

 

Ti potrebbe interessare

Libia, la guerra per immagini
Voci per la libertà, per band emergenti
“Passa tutto per la terra”
La rete non fa la democrazia
La vignetta spezzata