Lorenzoni – Giordani, a Padova il laboratorio del «nuovo centrosinistra»

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Correva l’anno 1995. Politicamente, un’era geologica fa: gli albori di quella seconda Repubblica che avrebbe dovuto dipingere «le magnifiche sorti e progressive» del nostro Paese. Era l’11 aprile, Giovanni Paolo II parlava al congresso universitario internazionale, la Juventus veleggiava verso il 23esimo scudetto. A Padova succedeva altro: veniva proclamato deputato Giovanni Saonara, come la città di nascita, professore di scuola superiore. Un’elezione suppletiva che segna, in molti sensi, la nascita di quel centrosinistra che vincerà le elezioni nazionali l’anno successivo.

Padova laboratorio nazionale della formula vincente, si disse all’epoca. Poi del buon Saonara si persero le tracce, il centrosinistra divenne una formula comune in politica, con vicende – e fortune – alterne. Esercizi di (vana) memoria? No, quell’elezione ci è venuta in mente lunedì scorso, 12 giugno, dopo aver visto i risultati del primo turno della corsa a sindaco di Padova. Perché la storia potrebbe ripetersi e Padova potrebbe diventare – di nuovo – laboratorio nazionale. L’accordo che si profila fra Giordani e Lorenzoni può mettere insieme, ancora una volta, uno spettro amplissimo di elettori. Dal centro ai centri (sociali), dal civismo rappresentato dal professore universitario che ha ottenuto un risultato straordinario ai brandelli dei partiti che, per una volta, non sembrano soffrire del loro magro risultato perché impegnati a portare a casa una vittoria impensabile fino a qualche tempo fa.

Laboratorio nazionale, dicevamo. Suggestioni forse. Ma il tentativo di abboccamento fra Renzi e Pisapia, mutatis mutandis, può essere anticipato dall’esperienza padovana. Certo, a livello nazionale Pisapia non ha la forza dirompente né il peso di Lorenzoni, ed è un politico certo più scafato. Ma è l’energia e i sentimenti – e le forze politiche – che stanno loro dietro ad essere simili. Anche i colori: l’arancione che ha invaso le piazze di Padova, lo stesso di Pisapia. Vedere Daniela Ruffini, pasionaria di Rifondazione a Padova, perorare la causa dell’apparentamento con Giordani, fa sperare. O meglio fa pensare che siano diversi gli animi rispetto alla tragica rottura fra Ivo Rossi e Francesco Fiore del 2014. Ambo i lati, come direbbero i cartelli stradali. Dal Pd non si nota boria né denigrazione di un’avventura, quella di Lorenzoni, che ha colpito nel segno. Come dai «civici» pare che lo zoccolo duro e puro del «mai con il Pd» sia marginale. Qualcuno potrebbe dire: nell’appello della Ruffini, per riprendere il nome di prima, c’è anche tanta convenienza. In caso di vittoria entrerebbe in consiglio comunale. E allora ci permettiamo di sdoganare e ripetere questa bellissima parola: convenienza. Sì, conviene votare Giordani al popolo degli arancioni. Perché senza convertire a terra quel 22% di preferenze, senza tre assessori e un vicesindaco, senza contare, fra due anni di questo exploit non rimarrà niente, se non il ricordo. L’opposizione è una bellissima camera d’oblio, per tutti.

Sappiamo anche che i grandi comunicatori ci bacchetteranno: non si fanno appelli ad excludendum. Si vota pro, non contro. Ma vedere eletta in consiglio comunale e forse assessore Elena Cappellini della lista Bitonci, nota ai più per essere stata immortalata a fare il saluto romano, ci fa piangere il cuore. E anche incazzare.

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