Philip Glass incanta Venezia

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Un concerto da non dimenticare. Un concerto che dal primo all’ultimo brano ha continuamente strappato scroscianti applausi e il vivo e intenso apprezzamento del pubblico. E’ il concerto di Philip Glass, un’icona della musica contemporanea, e uno dei massimi esponenti del Minimalismo. Nato a Baltimora – Maryland –  nel 1937, autore di sinfonie, opere, balletti, colonne sonore per il cinema, che hanno influenzato non solo il genere classico ma anche il rock e il pop, e cantautori come Paul Simon, Suzanne Vega e Natalie Merchant. Tra i titoli più significativi, l’opera  Einstein on the Beach, ideata con Robert Wilson nel 1976 e centrata sulla figura di Albert Einstein, ma anche  le colonne sonore dei film Kundun di Martin Scorsese, The Truman Show di Peter Weir che gli valse un Glden Globe, e The Hours di Daldry. Insignito il 12  settembre del Praemium Imperiale 2012, il massimo riconoscimento giapponese in ambito artistico, Glass ha da poco completato e presentato al pubblico la sua Decima Sinfonia.

A Venezia, martedì sera al Teatro La Fenice, in un’unica data italiana, Glass si è esibito in uno straordinario concerto, che si è aperto con Mad Rush (1979) per pianoforte solo. Un brano commissionato da Radio Bremen e originariamente composto per organo. Al centro del palcoscenico le sue note hanno da subito emozionato il pubblico del teatro veneziano accorso per il grande concerto del compositore americano, accompagnato nello stesso concerto da un altro grande musicista, il violinista Tim Fain, che ha eseguito il secondo brano della serata: Chaconne dalla Partita per violino solo in sette movimenti. A seguire, gli ultimi numeri (4 e 5) di Metamorphosis, una raccolta per pianoforte solo del 1989. Tratti dal film La linea sottile blu di Errol Morris,  e dalla versione teatrale della Metamorfosi di Kafka inclusa nella Kafka Trilogy di Gerald Thomas, e andata in scena per la prima volta a San Paolo del Brasile. Il quarto intervento musicale ha incluso tre brani per violino e pianoforte (France, The Orchard e The French Lieutenant) dalle  musiche di scena per The Screens (Les paravents) di Jean Jenet,- la sua ultima e più grande produzione teatrale che andò per la prima volta  in scena a Parigi, al Théatre de l’Odéon nel 1966. Il lavoro composto da Glass in collaborazione con Foday Musa Suso, mandingo dei griot dell’Africa occidentale, è stato scritto per una produzione dei Paravents presentata  nel novembre del 1989 al Guthrie Theater di Minneapolis sotto la direzione di Jo Anne Akalaitis. La pièce è ambientata in Algeria nei primi anni Sessanta, durante la lotta rivoluzionaria per l’indipendenza dalla Francia. Genet vi mescolò i temi del colonialismo e dello sfruttamento e la nozione europea di “arabicità” , dando vita ad una visione drammatica ancora oggi feconda. Glass e Tim Fain hanno reso il brano ancor più esplosivo denso di forza e vitalità, una vera e propria esplosione musicale.

 

Sono vecchio adesso, e solo nel Kansas,

ma non spaventato,

di parlare della mia solitudine in un auto,

perché non soltanto la mia solitudine

è la Nostra, in tutta l’America,

O teneri compagni  –

& la solitudine pronunciata è Profezia

100 anni fa  o nel

mezzo del Kansas adesso.

E’ questo un passo tratto dal testo da Wichita Vortex Sutra,di Allen Ginsberg, che Glass ha eseguito per pianoforte con  voce registrata. La loro collaborazione risale a Hydrogen Jukebox (Jukebox all’idrogeno) la cui prima mondiale ha avuto luogo nel 1990 allo Spoleto Festival di Charleston, nella Carolina del Sud. E di quell’opera da camera faceva parte anche Wichita Vortex Sutra (1966), una riflessione poetica di Ginsberg sulla temperie antimilitarista degli anni Sessanta.

Momento clou anche con Pendulum, per violino e pianoforte. Musica commissionata nel 2010 per celebrare il quarantesimo anniversario della American Civil Liberty Union. Originariamente composta come in un’opera in un solo movimento per violino, violoncello e pianoforte, è pensata per uno stile energico, virtuosistico. E sebbene recentemente, Glass abbia lavorato con Tim Fain  per riarrangiare il brano per violino e pianoforte,  lo spirito e il nome dell’opera sono  rimasti invariati. Grandi e scroscianti  applausi nel corso dell’intera serata, al punto che il pubblico ha richiesto più volte il bis, a cui Glass e Fain elegantemente non si sono sottratti,  per la gioia dei presenti, e certamente  per rendere ancora più emozionante il clima del teatro, in un palcoscenico da cui continuamente sortivano note che  entusiasmavano i tanti appassionati accorsi per una data unica e indimenticabile, 12 dicembre.

Grande Glass, ma grande anche è stato anche Faim, dal cui violino le note hanno saputo toccare le corde di tutti i presenti.

Un concerto davvero stupefacente che, giova ricordarlo, ha avuto luogo anche  in concomitanza della mostra di Lynn Davis (al Museo Archeologico di Venezia) –  una delle più raffinate fotografe della scena americana, allieva di Berenice Abbott e amica di Robert Mapplethorpe -, la cui amicizia  e  collaborazione la vede da tempo legata a Glass, quale  motivo  di suggestive contaminazioni e influenze artistiche, che  nelle note e nelle musiche del compositore americano e di Fain sono risaltate in maniera straordinaria quale narrazione musicale di un mondo e di una storia.

Enrico Gusella

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