Più voti che elettori, in Mozambico c’è un regime

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Alessandra Mocco nasce nel 1982 a Iglesias, nel Sulcis Iglesiente. Studia presso la Facoltà di Scienze Politiche, nel Corso di  Cooperazione e Sviluppo, all’Università di Cagliari e lavora come volontaria per la diffusione del mercato equo e solidale. Si laurea nel 2008 con una tesi riguardante l’educazione scolastica in Etiopia ed Eritrea durante l’occupazione italiana. Da sempre appassionata di cultura africana, nel 2010 lavora come volontaria presso l’Organizzazione “Adpp” , in Mozambico. Per sei mesi vive a Lamego, piccolo villaggio situato nel Distretto di Nhamatanda, nella provincia di Sofala. Si occupa dell’attività d’insegnamento presso una scuola professionale e nel tempo libero lavora presso il centro comunitario del villaggio.  Decide, insieme a due amici, di costruire un piccolo dormitorio presso il centro, ospitante 72 bambini orfani. Lascia il Mozambico dopo avere denunciato per abusi sessuali sulle alunne alcuni insegnanti della scuola presso la quale lavorava.  Attualmente sta scrivendo un libro che racconta la sua esperienza di sei mesi vissuti in Mozambico e in particolare i fallimenti della cooperazione internazionale.

Arrivo nella poco conosciuta Mozambico nel Febbraio 2010, in pieno periodo di campagna elettorale, o almeno così penso.
Maputo, la capitale, è tappezzata di manifesti elettorali rappresentanti  il simbolo del Frelimo, primo partito del Mozambico. Le fotografie del Presidente Armando Guebuza sono ovunque: per le strade, i mercati , nelle t-shirt, cappellini e addirittura sulla copertina dei quaderni per scuola. Ovviamente, sono i quaderni più economici, e dunque, vanno a ruba.
Mi sposto verso il villaggio di Lamego, nel Distretto di Nhamatanda,  dove svolgerò sei mesi di volontariato internazionale presso una scuola professionale. Anche lì, stesso scenario. Nei mesi successivi noterò che anche nel più remoto villaggio mozambicano si respira l’odore di Frelimo. Non siamo in campagna elettorale. Siamo solo in uno stato di dittatura in un Paese ufficialmente democratico.
Nella scuola dove ho svolto il volontariato, alle 5. 30 del mattino studenti e professori partecipano all’alzabandiera cantando l’inno mozambicano. Alla sera, quando la bandiera viene calata, tutte le persone si fermano e rimangono in silenzio.
Durante ogni minimo convegno o dibattito, anche tra i più insignificanti, c’è chi si ricorda di ricordare il grande Presidente Guebuzi, e il suo meraviglioso operato.
Durante una mia visita presso un Centro Comunitario che ospita anche numerosi bambini orfani, mi ritrovo seduta ad ammirare a bocca aperta alcuni bambini dell’età compresa tra i 10 e i 15 anni che ballano una danza tradizionale. Puro spettacolo per i miei occhi. A un certo punto, durante la parte finale della danza, i bambini prendono in mano un bastone ciascuno, a iniziano a simulare una sparatoria e poi un’esplosione di felicità. Allora incuriosita mi rivolgo ad Aissa, responsabile del centro e coreografa e le chiedo il significato di quell’ultima parte della danza. Molto fiera mi risponde che dopo avere spazzato i colonialisti portoghesi, i mozambicani riescono ad avere finalmente, nel 1975,  un “Presidente Preto”  (presidente nero) , Samora Machel.
In seguito, scoppia una guerra civile tra i sostenitori del Frelimo ( Socialista ) e quelli della Renamo, partito per la liberazione del Mozambico dal comunismo, sostenuto dalla allora Rhodesia, Sudafrica e Stati Uniti. Siamo in piena Guerra Fredda anche se in Mozambico la guerra è più che calda. Gli accordi tra le due istituzioni arrivano e diventano operativi solo nel 1992, con l’intermediazione della Comunità di Sant’ Egidio. Da quel momento in poi il Frelimo sarà fino ad oggi il primo partito del Mozambico. Durante i miei sei mesi vissuti nel Paese africano, solamente una volta mi è capitato di vedere una sede della Renamo. Coloro che durante la guerra civile avevano sostenuto la Renamo sono stati e sono tuttora esiliati nella Provincia di Sofala , e da quella provincia non posso uscire.
In Mozambico è molto difficile parlare di politica. Devi farlo solo con le persone con cui  hai confidenza, con qualcuno che si fida di te. Altrimenti nessuno apre bocca, o addirittura rischi di essere aggredito. Io sono curiosa, perché c’è una cosa che non ho proprio capito: il Paese dice di essere felice di avere spazzato via i colonialisti portoghesi. E questo lo comprendo. Dice di essere felice di avere un Presidente Preto. Diciamo che lo capisco fino a un certo punto (l’importante è che sia preparato e che realmente ascolti e provveda alle esigenze della popolazione). Ora, ricordando che sono stata in Mozambico durante i Mondiali di calcio in Sudafrica, esce fuori che la maggior parte dei mozambicani (o almeno, quelli che ho conosciuto io) spera che vinca il mondiale il Portogallo. Qualcosa mi sfugge e chiedo loro come mai. La risposta è semplice: “I portoghesi hanno portato qui la ricchezza e soprattutto la Lingua portoghese che ci permette di essere in un mondo globalizzato”. Io molto incredula e agguerrita contro i Portoghesi e più in generale, contro tutti i Paesi colonialisti, insisto nel fare loro domande e soprattutto dire “ i Portoghesi hanno ammazzato tanti vostri connazionali, vi hanno derubato e poi sono andati via”.
Poi però ho capito di più. C’è chi mi ha parlato di elezioni truccate talmente tanto da cadere nel ridicolo. Se in un villaggio ci sono 400 elettori e il Frelimo vince con 600 voti, qualcosa non quadra. Il trucco è semplice e mi è stato raccontato da persone che hanno lavorato durante lo spoglio elettorale ( da precisare che lo spoglio non è aperto a tutti ma solo a coloro che ci lavorano) . Per ogni voto dato alla Renamo o a qualunque altro partito opposto, viene dato anche un voto al Frelimo. Nessuno contesta ed è festa. Nessuno fiata per paura di morire.
Resta il fatto che i Mozambicani sono pro – Portogallo e che al tempo stesso sono ancora vittime di una propaganda occidentale derivante dal periodo coloniale: per cui non è difficile sentir dire loro che noi bianchi siamo superiori proprio perché bianchi. Ed è quasi comico per alcuni miei amici partecipare a discussioni in cui io attacco noi bianchi e il nostro operato in Africa e i mozambicani  difendono a spada tratta i loro colonialisti e il fardello dell’uomo bianco.
Alessandra Mocco

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