Da Pordenone a Vancouver in Vespa. Diario di un viaggiatore su due ruote
Ha fotografato vulcani e montagne in Nicaragua e Turchia, ha dialogato con ex mareros a San Salvador, e, dal Friuli- Venezia Giulia, si è trasferito in Canada per amore. Il tutto in sella a una Vespa. L’avventura di Paolo Zambon comincia nel 2011 in Laos, dove durante un viaggio zaino in spalla nel Sudest asiatico conosce Lindsay, canadese di Vancouver. Quell’occasione è stata il primo approccio con le due ruote motorizzate, in particolare motociclette cinesi (di scarsa qualità) noleggiate sia in Laos che in Vietnam. Dopo alcuni mesi Paolo – programmatore web di Budoia in provincia di Pordenone – si è spostato in Canada, dove, tra un viaggio e l’altro, ha preso la residenza nel maggio 2015.
Il “battesimo” da viaggiatore Paolo l’ha avuto con un percorso in solitaria nell’autunno 2011: due mesi per percorrere 5mila chilometri in Marocco. La prima vera traversata, questa volta con Lindsay, arriva l’anno dopo: Budoia – Melbourne tra il settembre 2012 e il novembre 2013. Tanti i paesi toccati: Grecia, Turchia, Iran, Pakistan, India, Nepal, Thailandia, Malesia, Singapore, Indonesia, Timor-Est ed Australia. Totale: 40.500 chilometri. Il secondo viaggio, Vancouver-Panama-Vancouver, dura 8 mesi, tra il settembre 2014 e il maggio 2015. L’itinerario questa volta comprende 23mila chilometri in Messico – con una piccola puntata di cinque giorni negli Stati Uniti a bordo del furgone dei genitori di Lindsay –, Guatemala, El Salvador, Honduras, Nicaragua, Costa Rica, Panama. Il ritorno prevede strade alternative non percorse al primo passaggio.
«Ora (siamo ad aprile 2017 ndr) ci troviamo a Bishkek in attesa di muoverci verso il Kazakistan – racconta Paolo –. Abbiamo già percorso poco più di 7mila chilometri tra Emirati Arabi Uniti ed Oman. Problemi burocratici ci hanno costretto a sorvolare l’Iran. Se tutto va bene a ottobre/novembre faremo rientro in Italia dopo un’altra bella cavalcata». Infatti Paolo e Lindsay per viaggiare usano una simil-Vespa, per la precisione una Lml, azienda indiana con sede a Kanpur. «L’ispirazione mi è venuta per la prima volta nel lontano 2009 quando mi trovavo in Egitto e accarezzai l’idea di rientrare in Italia in sella a una Vespa con targa egiziana» racconta Paolo. Quella volta però le scocciature burocratiche per riportare il mezzo in Italia lo hanno costretto a rinunciare. «Erano gli anni dove ancora sognavo di viaggiare in sella a una bicicletta. Ero alla ricerca di indipendenza di movimento ed ero convinto che la bici facesse al caso mio». Ma a volte può accadere di cambiare idea.
Dalla bicicletta alla Vespa
In seguito Paolo capisce che la bici non fa per lui e rinuncia. È allora che l’idea della Vespa viene rispolverata. «Il vantaggio principale della Vespa – continua Paolo – è l’indipendenza: parti, ti fermi quando vuoi tu. Inoltre consente di avere una visuale totale del paesaggio, nessuno tira la tenda come in autobus o non capita più di passare davanti a un paesaggio mozzafiato e dire “Come sarebbe bello fermarsi anche solo per 5 minuti”». Rispetto alla bicicletta, la Vespa offre il vantaggio che, se si decide di fare una deviazione dalla rotta principale, il motore, per quanto piccolo, aiuta a non sentire il peso sulle gambe. «La velocità di crociera è di 40-50 chilometri all’ora, è proprio il metodo di viaggio su misura per noi».
Paolo e Lindsay, quando non sono in movimento, svolgono le rispettive professioni e vivono con austerità, in modo da risparmiare per i viaggi. In questi anni hanno scattato decine di foto, e Paolo ha messo da parte una serie di blocchi di appunti, alcuni stilati prima della partenza altri con annotazioni quotidiane che raccoglie ogni sera a giornata terminata. «Il viaggio nasce a mio modo di vedere da una naturale predisposizione dell’essere umano a stare in movimento. L’uomo è curioso per natura e vedere cosa c’è dietro quel confine, oltre il monte, dall’altra parte del lago, oltre un deserto è un’esigenza che, credo, accomuna chiunque si sia messo in viaggio in maniera seria».
Cambiare strada
Nel progettare ogni nuovo viaggio, la coppia canadese è spinta dalla curiosità nei confronti di paesi e popolazioni sconosciuti. «Siti di importanza storica hanno da sempre condito i nostri viaggi, perché la storia di un paese è un punto di fondamentale importanza per cercare di capire dove ci si trova – racconta Paolo –. Quando viaggiamo abbiamo quasi sempre dei contatti che ci possano aiutare: giornalisti, uomini d’affari, studenti, ong, missionari. Quando organizziamo il percorso cerchiamo di inserire tappe utili per porre loro domande sui sogni, i progetti, le aspettative che hanno, oppure per farci raccontare la realtà quotidiana e avere opinioni sugli avvenimenti storici recenti. Molto dipende dall’interlocutore che abbiamo davanti. In realtà spesso una volta giunti a destinazione la programmazione cambia, perché questo è il bello del viaggio: lasciarsi guidare dagli eventi che si presentano».
Tappa dopo tappa, chilometro dopo chilometro, di certo i problemi non mancano, ma per fortuna si sono limitati a questioni di poco conto, dalle noie burocratiche con qualche visto a quelle tecniche per piccoli problemi meccanici. Ben più importanti, invece, sono i temi sociali con cui Paolo e Lindsay sono stati costretti a confrontarsi. «Durante l’ultimo viaggio Vancouver-Panama-Vancouver abbiamo toccato quasi quotidianamente il tema dell’emigrazione: c’era chi aveva un parente negli Stati Uniti, chi era invece tornato dal Nord e chi stava tentando con tutti i mezzi di raggiungere il «sogno americano». Soprattutto quest’ultimo gruppo ha lasciato un segno indelebile in Paolo, che proprio a questo tema ha dedicato diverse pagine del suo libro Inseguendo le ombre dei colibrì (Alpine Studio 2017). «Disperazione, assenza di opportunità, malgoverno, violenza, corruzione, ingiustizia sociale: sono questi gli ingredienti che, uniti, mettono in moto decine di migliaia di persone verso il Nord. Ascoltare i loro racconti è stata senza ombra di dubbio un’esperienza toccante». In Messico poi Paolo ha respirato il clima delle lotte fra narcos. «Ci sono stati alcuni episodi che mi hanno mostrato il livello di libertà d’azione di cui godono alcuni gruppi. Tante persone mi hanno raccontato aneddoti personali che, sommati all’ampia dose di letteratura di cui mi ero nutrito prima di partire, hanno lasciato un’impressione piuttosto pessimistica circa la possibilità di uscire da quel vortice di violenza e corruzione che consente ai narcos di dominare la scena messicana».
Tra le gang di San Salvador
Tra le esperienze che Paolo porta nel cuore, un posto di riguardo è riservato agli incontri a San Salvador con gli ex membri delle gang MS13 e M-18. Situazioni di violenza e degrado, famiglie disgregate che scelgono di unirsi alle bande per trovare riscatto e uscire da una spirale di vergogna e delusioni. «Queste persone, a ragione, sono viste dalla popolazione che sta fuori dagli ambienti criminali come il male assoluto» spiega il programmatore. Così Paolo durante il giorno raccoglieva le testimonianze degli ormai ex criminali, per capire che cosa li avesse spinti in quell’inferno di morte, mentre la sera si trovava a discutere con gli abitanti comuni di San Salvador, che pensavano che i delinquenti meritassero soltanto di finire sottoterra. Ma le storie di cosa avevano passato da bambini alcuni degli ex-mareros – storie che Paolo poteva riferire, con calma e pacatezza, perché le aveva sentite raccontare direttamente da loro – riuscivano a placare la violenza verbale della gente.
Paolo e Lindsay hanno fatto dell’arte di viaggiare uno stile di vita. Forse proprio per questo sono in grado di parlarne con disincanto, lontani dagli stereotipi e dai luoghi comuni che generalmente accompagnano una riflessione sul concetto di esplorazione di ciò che è nuovo. «In realtà non credo che il viaggio o l’incontro con persone diverse possa insegnare poi molto – sostiene Paolo –. Tutto dipende da come si viaggia, da quanto ci si vuole immergere in un’altra cultura e avvicinarsi a colui che è diverso e cercare di capirlo privandosi dei pregiudizi che ci portiamo appresso. Questo richiede uno sforzo notevole, che comporta studio, capacità di analisi, volontà di leggere le situazioni da diversi angoli. Ci sono persone che non hanno mai viaggiato e hanno tutto ciò, altre con esperienze in ogni continente che non ci hanno capito un granché».
Ritorno a Vancouver
Alla fine, poi, arriva sempre il momento del ritorno. Una volta terminato il viaggio in Emirati Arabi Uniti, Oman e Centro Asia, Paolo e Lindsay torneranno. Ma dove? «Con gli anni abbiamo imparato a sentirci a casa un po’ ovunque, anche se nulla si avvicina alla sensazione di “Casa” che offre Vancouver» sorride Paolo. E questo la dice lunga, per chi è partito da un piccolo paese come Budoia. Ma ormai nessuno degli amici e dei familiari fa più caso alla scelta di vita di questi due ragazzi, e loro hanno ancora diversi viaggi in mente, perché «è difficile pensare di smettere, l’ingranaggio della curiosità una volta messo in moto non si ferma. Con Vespa o senza».
Nelle foto, di seguito: Città di Panama, Oman, Jebel Shams in Oman, Vulcano Momotombo in Nicaragua, Chichicastenango in Guatemala, Monte Ararat in Turchia.