Precari, mal pagati, ma non schizzinosi
In fondo lo sapevamo già, ci bastava guardarci attorno. I giovani non sono “choosy” per dirla alla Fornero, schizzinosi, per dirlo con parole nostre. Lo dicono i dati di Datagiovani Padova: sono stati analizzati i giovani al primo impiego nel primo semestre 2012, con elaborazione dei dati Istat.
Il numero dei neoassunti diminuisce a 355mila giovani: nel primo semestre del 2007 erano 80mila in più, con un calo del 20%. Uno su cinque è vittima della crisi, e si tratta di un dato al quale, purtroppo, ci siamo quasi abituati, e ne abbiamo visti anche di peggiori. Il Sud paga il doppio del Nord, è anche questo non è una novità: politiche contro la disoccupazione giovanile sono urgenti in tutta la penisola, ma certo la situazione nel Mezzogiorno è ormai tragica.
A pagare è soprattutto chi ha un basso livello di istruzione: questo perché, come dicevamo, i giovani non sono affatto schizzinosi e aumenta il fenomeno dell’overeducation, ovvero tanti laureati che vanno a ricoprire mansioni per le quali non servirebbe il titolo di studio, pur di lavorare. Dei neoassunti nel 2012, uno su tre fa un lavoro “demansionato” rispetto al proprio titolo di studio, andando così di fatto a pestare i piedi a chi prima ricopriva tali ruoli. Una sorta di “guerra tra poveri” che fotografa perfettamente l’andamento del mercato del lavoro in Italia. Giusto per ricordarsi di non essere choosy, del popolo dei 355mila uno su due lavora anche il sabato, uno su quattro la domenica, il 22% fa orari serali o notturni.
Oltre a diminuire il numero di neoassunti, sembra anche peggiorare la qualità contrattuale, in termini di stabilità
lavorativa: infatti, nel 2012 sono ben 222 mila i giovani al primo impiego precari, 7 mila in più del 2007. Rappresentano il 62% dei neoassunti complessivi, mentre nel 2007 erano sotto il 50%. Dei 355 mila giovani che hanno trovato il primo impiego nella prima metà dell’anno, quasi 6 su 10 sono stati assorbiti da attività dei servizi, in particolar modo nelle professioni commerciali (112 mila giovani), le uniche che mantengono inalterata la capacità di creare occupazione ma con l’altra faccia della medaglia più negativa: si tratta infatti dell’area che più di altre utilizza contratti a termine ed in cui è più significativa la stagionalità del lavoro. Malissimo, invece, i settori dell’industria e delle costruzioni.
Con la curiosità di conoscere i dati del secondo semestre 2012, post riforma Fornero, (è proprio di oggi l’allarme della Cgil a riguardo) possiamo concederci un giudizio non affrettato: siamo senza lavoro, senza soldi, ma non schizzinosi.