Da Toni Negri a Corrado Simioni, dal Kgb a Markevitch: la teoria del Grande Vecchio in un podcast
Spesso ci si lamenta dell’irrilevanza del Nordest nella politica italiana. Basta vedere come sono solitamente distribuite le cariche nei governi. Potrebbe quindi far piacere, o ancor meglio sorridere, che nella teoria del Grande Vecchio – quella teoria partita a inizio anni ’80, ma la cui genesi con parole diverse si può rintracciare ancor prima, che vede in un’unica figura manovratrice la cabina di regia del terrorismo di sinistra negli anni Settanta – i due principali indiziati siano due veneti: il professor Antonio Negri, per tutti Toni, e il fondatore della scuola Hyperion di Parigi, Corrado Simioni, nato a Dolo nel 1934.
Sembra di assistere a una fiammata di interesse per gli anni Settanta in questi ultimi mesi. Dopo il libro di Miguel Gotor, Generazione Settanta, l’Affaire 7 Aprile di Roberto Colozza, di cui abbiamo scritto recentemente, e UFO 78 di Wu Ming è uscito un podcast di Alessandro Parodi del Post, intitolato appunto il Grande Vecchio e di cui embeddiamo per comodità tutte le puntate, consigliandone l’ascolto.
Parodi inquadra la teoria del Grande Vecchio, evocata esplicitamente per primo da Bettino Craxi nel 1981, sotto la categoria del complottismo. Prima dell’avvento di internet «agli inizi degli anni Ottanta del Novecento nacque una teoria del complotto che sosteneva che dietro al terrorismo di sinistra italiano ci fosse un personaggio misterioso che avrebbe manovrato le Brigate Rosse e le altre organizzazioni che negli anni Settanta avevano scelto la lotta armata. Questo personaggio nell’ombra venne chiamato “Il Grande Vecchio”».
Il pregio del podcast è quello di intrecciare alcuni filoni – quello più noto del 7 aprile e quello un po’ meno noto di Hyperion – con la caccia a livello politico e mediatico del livello occulto del terrorismo italiano. Una caccia senza preda e tanti fantasmi (non solo Toni Negri e Corrado Simioni ma anche il KGB e addirittura il compositore Igor Markevitch) ma con tanti strascichi nella memoria collettiva. Una caccia che, come tutte le leggende urbane o le teorie del complotto, sopravvive all’insussistenza di prove a supporto. E anzi proprio nell’impossibilità di trovare conferme trova la sua inattesa fonte di longevità. Buon ascolto. (Lu.B.).
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