Xinjiang, dove c'era l'inferno

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Un modello per uscire dalla crisi, una lezione che viene dalla Cina.

Sono tornato dal Xinjiang con un pensiero ricorrente: ciò che ho visto può insegnare molto all’Occidente in crisi e a quanto pare privo di prospettive certe. Sessant’anni fa, di fronte a problemi insormontabili e dopo un secolo di devastazioni e di guerre, la Cina ha iniziato la sua seconda lunga marcia, più ardua della prima. L’ha iniziata dalla sua frontiera più lontana e più povera incamminandosi verso un traguardo che sembrava un’utopia. Di questo “miracolo” dovuto a una originalissima organizzazione chiamata Corpi di Produzione e Costruzione (XPCC) non si seppe nulla allora e molto poco si sa ancora oggi. Eppure più di duemila anni fa, all’epoca delle Dinastie Han, una idea simile era già stata sperimentata con successo proprio nei territori desertici di confine che l’Impero cinese chiamava Regioni Occidentali.

madaroQuesto brano, del sinologo Antonio Madaro, è tratto da “Xinjiang, dove c’era l’inferno” (China Intercontinental Press) un libro che racconta una realtà economica e sociale ancora sconosciuta in Occidente, un vero “caso” di successo che riguarda la bonifica dei deserti dovuta all’opera dei XPCC (Xinjiang Production Construction Corps), organizzazione socio-politica-militare-economica unica nel suo genere. Lo Xinjiang, per la cronaca è una regione cinese autonoma abitata prevalentemente da uiguri attraversata da tensioni indipendentisti e vittima di una grossa repressione. Ma la storia che racconta Madaro è un’altra.

Fino a qualche decina di anni fa  – continua Madaro – questa regione era la più povera in assoluto, dove appunto “c’era l’inferno” e si moriva di fame poiché mancava l’acqua per migliaia di chilometri. In quindici anni è diventata la più ricca per le riserve minerarie, per le grandi bonifiche effettuate, e per l’aver trovato l’acqua che ha consentito di incrementare l’agricoltura con la coltivazione intensiva del cotone, del pomodoro, del luppolo, dei girasoli per l’olio. Grandi riserve economiche che, unite ai capitali di cui questa regione dispone, hanno creato l’opportunità per invitare “cervelli” a lavorare in Cina per perfezionare la loro tecnologia. In questo senso si può intravedere la possibilità di portare in questo grande paese un capitale importante e prezioso, incentivando le attività di scambio e aprendo nuove possibilità per il mercato

Il libro è stato presentato nei giorni scorsi a Treviso nel corso di un incontro istituzionale dando il via progetti di collaborazione in tutti i campi, con particolare riguardo al trasferimento (in quella regione che da povera è diventata ricca) di tecnologie nei campi più svariati: dall’agricoltura all’industria, dall’urbanistica all’ecologia, dall’istruzione al commercio.

 

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