Carote, gommapiuma e zapatisti: il G8 di Genova nel diario fotografico di un'ex tuta bianca

Questo articolo fa parte dello speciale A Nordest di Genova sui 20 anni delle giornate del luglio 2001. A Nordest Di che mette a disposizione questo spazio per ricordi, emozioni, fotografie, testimonianze che potete inviare, in qualsiasi forma, alla mail redazione@anordestdiche.com

Perché un’enorme carota a Genova 2001?

I movimenti si stavano già ponendo il problema della sovranità alimentare. Riguardando le foto che scattai in quei giorni, la stessa carota torna in più foto: c’è scritto “No OGM”. Uno dei cori ritmati durante i cortei era “cibi modificati, non ne vogliam mangiare”. Erano gli anni in cui Josè Bovè, pubblicamente, smontava i McDonald’s e abbatteva le colture transgeniche. Noi lo seguivamo a ruota, grazie anche all’incontro con Via Campesina avvenuto, per quanto mi riguarda, in messico, alla Marcia Zapatista.

G8 Genova Martina Vultaggio

Avevamo ragione? Decisamente. McDonald’s era un simbolo: carne con ormoni, non etica, sfruttamento dei lavoratori, della foresta amazzonica. Era un simbolo da abbattere, e lo facevamo, fisicamente ma anche con i boicottaggi, la sensibilizzazione, la disobbedienza civile. Anche a colpi di carota. Forse avremmo dovuto farlo più forte, visto che oggi il problema dell’accesso al cibo, della sovranità, dell’agricoltura e allevamento intensivi sono fondamentali.

G8 Genova Martina Vultaggio

G8 Genova Martina Vultaggio

Non è facile, per me, parlare di queste due foto. Per due motivi: uno, rimpiango i meccanismi di autotutela collettiva dei cortei. Ingenua, sicuramente, molto pittoresca e mediatica; ma capace di portare in piazza migliaia di persone, prima di Genova, che non erano più disposte a subire passivamente la violenza del potere. La gommapiuma, gli scudi, servivano a proteggersi e, negli anni precedenti Genova, erano stati utlizzati in moltissime situazioni di piazza, per poter praticare un obiettivo. Penso ai lager per migranti, i CPT, e alle grandi manifestazioni contro FMI e Banca Mondiale, a Praga, o a Bologna.

Genova è stata una spartiacque: in Italia, in piazza si poteva anche morire.

Il secondo motivo è che, per motivi puramente politici, siamo stati fatti a pezzi e attaccati da chi, dall’alto, per questioni di partito, ha deciso di iniziare a pontificare sulla nonviolenza, prestandosi totalmente al divide et impera che il Genoa Social Forum era riuscito a evitare. Il risultato? Oggi i giovani non militano praticamente più nei partiti di sinistra. Gli operai votano tutt’altro. Se penso che Rifondazione Comunista aveva fatto i pullmann per andare a Genova, mi sembra preistoria. Difficile oggi spiegare a una persona giovane che in piazza ci venivano anche altri, che esisteva una cosiddetta “società civile”.

G8 Genova Martina Vultaggio

Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale, OCSE: grandi capitali, poca democrazia, ieri come oggi. Difesi dagli eserciti se necessario. Noi invece aderivamo alla campagna “cancella il debito”. Ne aveva fatto una canzone anche Jovanotti, oggi si limita alle canzoni d’amore. Con l’età ci si disillude o, forse, si rincoglionisce. Comunque, chiedevamo venisse cancellato il debito che Paesi come il Brasile, o gli stati dell’Africa, avevano contratto con queste organizzazioni, che si comportavano da strozzini. Oggi chiamiamo tutto questo decolonizzazione; abbiamo forse maggiore consapevolezza, ma le cose non sono così cambiate, se non per l’aumento di coloro che muoiono nel tentativo di assicurarsi un futuro migliore.

Non a caso, la prima manifestazione di Genova era dedicata ai migranti: le vere vittime di questi ultimi vent’anni.

G8 Genova Martina Vultaggio

Sono andata a Genova con le tute bianche, nel cosiddetto “blocco giallo”. L’idea dei blocchi, di  colore diverso a seconda delle pratiche di piazza messe in campo, l’avevo sentita per la prima volta a Praga, il settembre precedente.

Sono stata con le tute bianche perché questo è il mio percorso politico: iniziato a 18 anni mettendo piede nel centro sociale Ya Basta! di Vicenza e facendo mie teorie e pratica… nonché concerti, idee, conoscenze, feste, appartenenza, sensazione di libertà e di essere dalla parte giusta. Ero stata in Messico con le tute bianche e avevo visto gli zapatisti: donne, uomini e il subcomandante Marcos. Da lì eravamo tornati e avevamo scritto un appello per andare a Genova con le nostre modalità.

Io ero convinta che Genova sarebbe stato un momento dove conoscere persone, idee, progetti, scambiarsi pratiche. Dove saremmo stati ascoltati. Avevo 21 anni, sono del 1979: un anno in meno di Carlo Giuliani. Nella foto qui sopra, sullo sfondo, si intravede la zona rossa. Per noi, che ancora non avevamo vissuto l’11 settembre, quelle restrizioni erano inconcepibili.

Sarà l’unica volta che riuscirò a vedere gli sbarramenti: il giorno che è morto Carlo non siamo neanche lontanamente arrivati vicino alle transenne. Siamo stati caricati molto, molto prima.

Oggi il termine zona rossa è entrato nel linguaggio comune, complice la pandemia.

G8 Genova Martina Vultaggio

Partendo dal Carlini venerdì 20 luglio mi è apparso subito chiaro che volevano annientarci. Ad almeno due, tre chilometri dalla zona rossa, hanno iniziato a cadere lacrimogeni dai tetti e dal cielo. Da un lato i palazzi, dall’altro, il muro della ferrovia; non si capiva niente. In breve tempo avevo l’adrenalina alle stelle, cercavo di andare avanti per capire cosa stava succedendo, visto che mi sembrava impossibile ci avessero caricati in questo modo senza che avessimo fatto altro che camminare. Stiamo parlando di quante, 5-6000 persone? Completamente bloccate e gasate. Abbiamo fatto le barricate, perché quella era una guerra. Che altro avremmo dovuto fare?

Il giorno dopo, scappando sul lungomare quando, a sorpresa, ci hanno caricato da dietro (bisogna pur giustificarlo un morto, in qualche modo!) mi sono persa assieme ad altri amici. Una ragazza aveva la febbre e ci siamo infilati in una strada in salita. In breve tempo ci siamo dovuti fermare: stava troppo male. Da lì potevamo controllare la situazione dall’alto. Ovunque, sotto di noi, si alzava il fumo degli scontri. Sembrava veramente un paesaggio di guerra.

Martina Vultaggio

Tutte le foto pubblicate in questa pagina sono state scattate da Martina Vultaggio e sono rilasciate con licenza Creative Commons Attribuzione 3.0 Italia, dunque è possibile pubblicarle altrove citando l’autore.

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