Innocente ma in carcere: revisione per la condanna a Monica Busetto

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Innocente ma in carcere, condannata a 25 anni per un delitto per il quale è già stata condannata un’altra donna. Per Monica Busetto grazie alla campagna portata avanti da un giornalista, Massimiliano Cortivo e dal  docente di Statistica per l’investigazione Lorenzo Brusattin, e al lavoro degli avvocati della donna, Stefano Busetto e Alessandro Doglioni, si riapre una speranza: è infatti fissata per il 24 gennaio al Tribunale di Trento l’udienza di revisione del caso.

Monica Busetto, 61 anni, reclusa nel carcere femminile di Verona, è stata condannata per l’assassinio di Lida Taffi Pamio compiuto il 20 dicembre del 2012 nella sua abitazione di via Vespucci, a Mestre, stesso condominio dove viva Busetto.  Un delitto che la donna ha sempre negato di aver commesso. E sono moltissimi i dubbi che emergono dalla lettura dei documenti del caso e che sono emersi grazie alla ricostruzione fatta da Cortivo e Brusattin nel libro «Lo stato italiano contro Monica Busetto» acquistabile su Amazon.

Dubbi sostanzialmente ripresi nella richiesta di revisione del caso ora finalmente accolta. Il punto principale del ricorso risiede nel fatto che «l’identico delitto viene attribuito a due persone diverse». Monica Busetto condannata di aver compiuto l’omicidio con una motivazione che esclude qualsiasi ipotesi di concorso. Mentre Susanna Lazzarini, in un primo momento rea confessa e autrice di un altro omicidio, pur «imputata di omicidio in concorso con Monica Busetto, viene condannata per aver compiuto l’azione omicidiaria da sola con una motivazione che esclude qualsiasi ipotesi di concorso». Due persone in carcere condannate per aver compiuto, in solitaria, lo stesso omicidio. Una bella contraddizione.

Ma non è l’unico motivo che ha portato alla campagna in favore di Monica Busetto. Mentre per la condanna di Susanna Lazzarini sussistono diverse prove (confessione, poi ritrattata; tracce sulla scena del delitto; un omicidio molto simile, compiuto successivamente) a «incastrare» Monica Busetto c’è solo una traccia di Dna della vittima su una collanina d’oro rinvenuta a casa dell’arrestata. Una traccia infinitesimale di soli 3 picogrammi sulle cui modalità di repertazione esistono molti dubbi. Ora l’opportunità per riaprire il processo e porre rimedio a quello che potrebbe riverlarsi uno dei più clamorosi errori giudiziari di sempre.

Articoli precedenti: L’incredibile storia di Monica Busetto e il libro che riapre il caso

Luca Barbieri

 

 

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