Le Voci dell'Inchiesta: guerre e sguardi coloniali a Pordenone

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Torna Le Voci dell’Inchiesta – Pordenone Docs Fest, festival dedicato al cinema documentario giunto alla 14esima edizione, dal 10 al 14 novembre 2021. Organizzato e ospitato dalla sala Cinemazero, l’evento mette al centro temi come la guerra, gli scenari internazionali, ma anche workshop e retrospettive, come quella dedicata quest’anno al Pasolini documentarista. Il festival avrà anche una sezione online ospitata da MyMovies.

«Dopo tre rinvii dovuti all’emergenza Covid19 in neanche due anni – aprile e novembre 2020, aprile 2021, tutte edizioni pensate e quasi realizzate per essere in presenza – torniamo ad abbracciare il nostro pubblico: lo sguardo liberato in primis, il più importante, è quello di chi si siede nelle nostre magnifiche sale. Bentornati, finalmente!» scrive Riccardo Costantini di Cinemazero nel testo introduttivo al catalogo, che si può sfogliare online qui.

Mission Hebron di Rona Segal è il film di apertura, mercoledì 10 novembre alle 18: vincitore del Jerusalem Film Festival 2021, il film mostra giovani ex soldati israeliani che raccontano la loro missione nella città palestinese di Hebron. Le loro rare e candide testimonianze dipingono un quadro scioccante dell’oppressione dei civili palestinesi. A seguire la stessa sera Of Land and Bread di Ehab Tarabieh, sulla vita quotidiana dei palestinesi in Cisgiordania. Una storia di vulnerabilità co- stante in cui la vita è vissuta sotto lo spettro della violenza di Stato dove l’unica difesa è una telecamera.

Guerra e Medio Oriente protagonisti anche la sera del 10 novembre alle 20.45 con l’incontro “L’Afghanistan prima delle guerre” in cui saranno proiettati materiali d’archivio privati, ricordi di viaggio e momenti di vita quotidiana girati da dilettanti dopo la Seconda Guerra Mondiale: immagini di corpi, esistenze di uomini e donne sorvegliati, colonizzati e conquistati, vengono rielaborati creativamente e valorizzati da Gianikian e Ricci Lucchi, aggiornando la riflessione a oggi. Qui, la valle di Bamiyan: intatte le possenti statue dei Buddha, una carovana di Kuchi, popolazione Rom, si muove lentamente. L’Afghanistan del 1978, un anno prima dell’invasione dell’Armata Rossa.

A seguire la consegna del premio “Il coraggio delle immagini” a Francesca Mannocchi (giornalista) e Alessio Romenzi (fotoreporter) e la proiezione del film Bellum – The Daemon of War di David Herdies e Georg Götmark, che si interroga su come la digitalizzazione stia cambiando la guerra. Lo fa attraverso tre “obiettivi” – anche nel senso fisico – diversi. Il primo è il mirino telescopico dei fucili d’assalto usati da ex militari annoiati che vivono in un remoto villaggio texano. Il secondo è quello di un telescopio, utilizzato da un ingegnere svedese che sviluppa la tecnologia per l’industria della difesa. Il terzo è il mirino della fotocamera di una giornalista di guerra che documenta la devastazione dell’Afghanistan.

Tra le decine di film in programma si segnala che sabato 13 novembre alle 15 la sala grande di Cinemazero propone Brotherhood di Francesco Montagner, documentario che racconta la vicenda di una famiglia di pastori in Bosnia Erzegovina, e in particolare di tre fratelli e del loro “padre padrone” in odore di estremismo islamico, premiato a Locarno (ne abbiamo parlato qui).

La visione occidentale messa in questione

«Quest’anno riflettiamo infatti sulla visione occidentale, che imponiamo costantemente ai molti “lati deboli” del mondo – scrive ancora Riccardo Costantini –, che sia nell’ambito di un’impresa aerospaziale (Fly Rocket Fly), per l’interpretazione e diffusione dell’arte (White Cube), per testimoniare una cultura maschilista (Brotherhood) anche con i dettami religiosi contro le donne (Be My Voice), nel praticare turismo (Magaluf Ghost Town), nell’esperienza sessuale (Bound), nell’ergere muri e confini (Mission Hebron, Of Land and Bread)… Ciascuno dei film mostrati, racconta una storia di liberazione, di coraggio di riscatto. Gli sguardi liberati sono quelli degli esseri umani, che si riscoprono tali per la loro insindacabile varietà, che ne è la caratteristica più propria, più unica; anche la più bistrattata dalla società capitalistica. Sguardi capaci di ricordare ed emozionarsi sulle pagine della storia, personale (Rebel Objects) o collettiva (La macchina delle immagini di Alfredo C., nella fattispecie deliberatamente coloniale – lo abbiamo recensito su AND qui, ndr)».

Prosegue Costantini: «Dove ci sono lesioni di diritti civili, dove c’è violazione delle libertà, c’è sempre uno sguardo colono che s’impone: giornalisti (Writing with Fire), giovani attivisti spesso votati ad azioni ecologiche (Dear Future Children), riscattano la posizione di chi soffre queste imposizioni, e – spesso con donne protagoniste – si fanno portatori di sguardi laterali, liberi, ribelli. Corsari, come la retrospettiva che viene dedicata a Pier Paolo Pasolini documentarista, un grande regista di cinema del reale, libero e combattente, votato a nobilitare proprio sguardi e menti colonizzate. Lo sguardo liberato è anche quello verso i film scomparsi (Fascista, uscita DVD del festival, e Il Carso di Giraldi, in prima mondiale) o dimenticati, come i Best Lost, documentari a cui – in nome della eccezionale qualità – ridiamo dignità di visione (Chef Flynn). La sinfonia finale, dal vivo, che unisce tutti questi sguardi, è nell’omaggio a un grande maestro come Werner Herzog».

Il programma integrale su http://www.voci-inchiesta.it.

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