Quel pasticciaccio brutto nel laboratorio del centrosinistra padovano

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Lo dice Charles Bukowski in una delle sue poesie, «sì, sempre di più mi aspetto sempre meno». Chiediamo a prestito le parole per aggiornarvi sullo stato di quello che vi avevamo raccontato come nuovo laboratorio del centrosinistra padovano. Lo dobbiamo a voi, lettori, e anche un po’a noi. Perché in fondo ci avevamo creduto e vorremmo continuare a crederci. L’inizio però non è stato dei più incoraggianti. E a dare segnali non buoni è proprio la parte sinistra della coalizione. Quella più eterogenea, quella del miracolo delle urne. Va detto che un po’ di inesperienza era dovuta, logica. Un vicesindaco che tiene uniti tutti, Arturo Lorenzoni. Tre assessori, Francesca Benciolini (civica Lorenzoni), Chiara Gallani e Marta Nalin (Coalizione Civica): quattro personaggi in cerca – e va da sé – di esperienza amministrativa. Sbagliare è quindi umano, ne siamo convinti. Ma la narrazione che ha fatto della «novità» una forza assoluta e del dolce stil nuovo civico un mantra scricchiola. Mettiamo insieme un po’ di appunti di viaggio.

  • Subito dopo l’elezione del nuovo sindaco Giordani i centri sociali hanno battuto un colpo. Ammantato di antifascismo (per contrastare una sfilata di Forza Nuova, si dice), si sono rivisti scontri in città. Lasciamo al lettore decidere se è stato antifascismo militante o bisogno di alzare la posta col nuovo sindaco. Ricordiamo solo che il vecchio sindaco, Massimo Bitonci, ha di fatto goduto di una pace costante con i centri sociali. Famosa la birra bevuta con i ragazzi del Pedro: è un fatto che poi Bitonci (che avrebbe dovuto essere quanto di più distante dagli antagonisti) ha rinunciato allo spostamento del festival di Sherwood e allo sgombero del Pedro, tutte cose annunciate in campagna elettorale. Ed è un fatto che i centri sociali non abbiano mai contestato il sindaco e le sfilate di forza nuova. Qualche piccola scaramuccia ma l’obiettivo era il governo Renzi. Tornando agli scontri, nel corteo dei centri sociali c’erano anche due consiglieri comunali in quota Lorenzoni, Stefano Ferro e Daniela Ruffini. Quest’ultima ha attaccato pesantemente il questore per la gestione della piazza. Mentre Silvia Giralucci, capogruppo della civica del professore universitario, ha visto imbrattare la lapide in via Zabarella che ricorda l’uccisione del padre, Graziano Giralucci, e di Giuseppe Mazzola: il primo omicidio ad opera delle Brigate Rosse in Italia. Ne è nata una divisione netta fra le fila dei «civici» caduta in quasi assordante silenzio di Lorenzoni. Salvo una spalla sul Mattino di Padova in cui non prendeva di fatto posizione sul dibattito interno: nessun problema con la Ruffini (dopo però aver dato la propria solidarietà al questore…) ci vuole dialogo, «quelli del Pedro non li conosco». Francamente una risposta abbastanza debole, che non entra nel merito.
  • Il secondo indizio che fa riflettere è la nomina a portavoce di Giordani dell’ex segretario Pd Massimo Bettin. Ballano ottantamila euro l’anno. E i malumori assordanti dei civici esplodono. Troppi soldi, troppo potere ad un rappresentante di un partito. Il fatto è che i magnifici quattro, Lorenzoni-Benciolini-Gallani-Nalin hanno votato quella delibera. Ma a tutti giurano di aver capito che erano “solo” 47mila euro. Certo, dopo averci raccontato che essere nuovi è un vantaggio, un errore così grossolano è un bel problema. Ma a mancare rimane fortemente lo stile. Quel maledetto stile così raccontato in campagna elettorale. Si è sbagliato? Si porrà rimedio. Invece a cinque giorni dalla giunta tutto tace. Silenzio Lorenzoni, silenzio i suoi assessori. Persino silenzio da Coalizione Civica: ma è così difficile ammettere un errore? Dov’è la differenza da quanto faceva Bitonci? Si narra, perché di ufficiale non c’è niente, tale via d’uscita pensata: Bettin potrebbe chiedere sua sponte di ridursi lo stipendio. Non abbiamo ricordi di dipendenti che lo abbiano fatto. Ma anche fosse, ci pare un pessimo modo di risolvere la cosa. Se Lorenzoni e i suoi ritengono di essere stati ingannati e tratti in errore, lo devono dire e devono chiedere di rimediare all’errore. Ogni altra soluzione è un autogol comunicativo e ci pare di poter dire anche politico non da poco. Così come lo è, e rimarrà, il silenzio finora.
  • C’è poi un’altra cosa, piccola, una voce dal sen sfuggita a Lorenzoni. Definire la minoranza «minorata» in consiglio comunale è stato un errore. Ancor più grosso (…che stile) difendere la cosa poi, spiegandoci che siamo stati noi a non capire il suo gioco etimologico sul termine. Prima sbagli, poi ci spieghi che siamo noi così fessi da non capire? Bastavano delle scuse, e tutto era chiuso. «Ho sbagliato io, volevo fare una battuta e mi è venuta una ciofeca». Questo sarebbe stato stile.

L’inizio, lo ribadiamo, non è stato incoraggiante. Lorenzoni appare politicamente debole, i suoi assessori come lui troppo inesperti. Questo lo potevamo immaginare. Ma l’incapacità di riconoscere gli errori, l’assoluta non gestione dei problemi, grida vendetta. L’unico che parla sui giornali chiaro è Marco Carrai. Lui e Francesco Bicciato sono state le due persone ad aver partorito il nome di Lorenzoni davanti ad una birra. Chissà cosa staranno pensando ora: Carrai lo ha fatto capire sui giornali, parlando a nuora perché anche suocera intenda. A giugno c’è stato un miracolo nelle urne, lo abbiamo scritto. Attenzione però che anche i miracoli hanno una scadenza. Non vorremmo dover dire: ci eravamo sbagliati. Qualcuno però lo sta già pensando. Continueremo a raccontarvi le prossime puntate.

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