Ritratto di un rivoluzionario umanista

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«Un vero rivoluzionario umanista, un fratello maggiore». Questo era Guido Bianchini: un operaista, un Aristotele che pensava camminando, un intellettuale dalla radicalità rara, capace di parlare il linguaggio del popolo (sicuramente pensava e ragionava in dialetto) rendendo semplici e accessibili concetti complessi. Era un’introduzione vivente e ambulante al neo-marxismo. Appunti sparsi dalla presentazione del libro «Guido Bianchini, ritratto di un maestro dell’operaismo» (DeriveApprodi) a Scienze Politiche, a Padova. Al convegno, organizzato da Alisa Dal Re, ha partecipato da remoto, non annunciato (e non è difficile capirne il motivo visto il luogo che ospitava l’incontro), anche Toni Negri. E’ sua la definizione iniziale di Guido, ma – perdonate la qualità del video – questo è il suo intervento integrale, un ricordo caloroso e accorato dell’amico Guido, scomparso ormai nel lontano 1998:

Parlare della storia di Bianchini è parlare di operaismo. E su questo filo si sono giocate le tante testimonianze. Di Giovanni Giovannelli e di Gianni Sbrogiò (curatori del libro), di Carmela Di Rocco, Sergio Bologna, Ferruccio Gambino, Lauso Zagato, del suo avvocato Beniamino Del Mercato («durante i colloqui in carcere, dopo l’arresto nell’inchiesta 7 aprile, dalla quale uscì asssolto completamente: Guido non chiedeva mai nulla dell’inchiesta. Cosa doveva chiedermi non avendo fatto nulla?») e tanti altri.  Ma è stata anche l’occasione per recuperare alcune delle sue fulminanti battute, di cui è costellato il libro: Partito e Stato sono solo due participi passati; I partigiani mi avevano soprannominato «Padova», una palese dimostrazione della scarsa fantasia dei compagni; Mi gò tentà di impissar le lampadine, ma me pare tutte stuà (parlando del tentativo di risvegliare intelligenze e coscienze); Se gavì la merda fino al collo, no stasì movarve: fa onda (in carcere al Due Palazzi, riferita da Marzio Sturaro).

Guido Bianchini operaismo

Incredibile come nonostante una damnatio memoriae non detta (l’impossibilità quasi assoluta di avere una recensione sui giornali mainstream) l’incontro abbia riempito l’Aula N di circa 80 persone: vecchi compagni di Guido, certo, ma anche giovani desiderosi di riannodare i fili della storia e del pensiero. E testimoni, come il sottoscritto, degli ultimi anni di Guido, quelli dell’impegno in Amnesty International per la difesa dei diritti di tutti e degli ultimi. Ragazzi di allora, cui l’incontro con Guido ha cambiato la vita. Non c’è augurio migliore per qualsiasi diciottenne: di incontrare, prima o poi, un altro Guido Bianchini.

Luca Barbieri 

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