Sudan, riemerge l'antica città di Napata

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Mentre nel Sud Sudan si lotta, e sembra che la fine prematura di un sogno si stia avvicinando, notizie di altro tenore (quanto ne abbiamo bisogno) arrivano dal Sudan, dove c’è la mano italiana, o più precisamente veneziana, nel ritrovamento dell’antica città di Napata. Ecco quanto racconta l’università di Ca’ Foscari.

Attraverso i frammenti della vita di un maestoso palazzo, ormai ridotto a scarsi resti di mura sepolti dalla sabbia, riemerge la vita di uno dei più importanti centri fioriti lungo le rive del Nilo, a sud dell’Egitto; il quadro di questa straordinaria città, conosciuta con il nome di Napata, si sta lentamente delineando grazie ai lavori di una missione archeologica di Ca’ Foscari, diretta da Emanuele M. Ciampini. La stagione del 2013, appena conclusasi, è l’ultima di una serie di indagini che hanno avuto l’avvio nel 1973, e che da tre anni è affidata alla responsabilità dell’Ateneo cafoscarino.
Fig.04

LA MISSIONE ITALIANA E IL LUOGO

La Missione Archeologica Italiana in Sudan indaga un’area palatina fiorita nel corso del I sec. a.C. circa nell’antico centro di Napata, la cui fama affonda le radici all’epoca dei faraoni, come testimonia una stele datata a Thutmosi III (XVIII din., XV sec. a.C.) che riconosce la sacralità del luogo, dominato dalla Montagna Pura (attuale Jebel Barkal); col tempo, Napata divenne uno dei più importanti centri religiosi e cerimoniali dell’intera Nubia, legato al culto del dio Amon e alle cerimonie di incoronazione e di legittimazione della regalità nubiana.

LA CITTA’ DI NAPATA

La città di Napata aveva il proprio fulcro in una serie di templi edificati ai piedi della Montagna Pura, e il cui periodo di massimo splendore si data al periodo che va dall’VIII al IV sec. a.C.; una nuova fase di splendore del centro, detta meroitica, si data al regno di Natakamani, ultimo grande sovrano del regno di Meroe (dal nome della città che divenne residenza regale dal IV-III sec. a.C.). Il regno di Meroe, controllando un ampio territorio diviso tra gli attuali Egitto e North Sudan, divenne una delle grandi potenze del tempo, capace di misurarsi col potere della dinastia tolemaica insediatasi in Egitto, e successivamente con quello di Roma.
Fortemente legato alle tradizioni locali, Natakamani promosse un imponente programma architettonico in tutto il regno; a Napata, il re riprogettò l’intero settore intorno al palazzo, precedentemente localizzato immediatamente a sud del grande tempio di Amon, con la fondazione di un vasto settore di edifici, dominato dal grande palazzo oggetto d’indagine della missione italiana. Grazie al lavoro di diverse campagne, è stato possibile delineare le caratteristiche principali di una maestosa struttura, la cui storia coincide con l’ultima fase dell’antica città.

STAGIONE DI SCAVO 2013

Il lavoro della stagione 2013, che si è svolto dal 20 novembre al 13 dicembre, ha messo in luce l’angolo sud-occidentale della piattaforma su cui sorgeva l’alto edificio (secondo le ricostruzioni, il palazzo era a due piani, con un’altezza di circa 10 m.); le strutture hanno subito gravi danni per il saccheggio dei materiali preziosi e della rimozione dei materiali costruttivi, in modo particolare dei mattoni di fango, usati come concime per i campi.
Nonostante tali gravi devastazioni, l’indagine è riuscita a definire il profilo esterno nell’area dell’angolo, mettendo in luce una fondazione in pietra e mattone cotto, atta a proteggere l’edificio dalla presenza di acqua; a questo scopo rispondeva anche un ampio settore in mattone cotto, individuata al livello di fondazione in corrispondenza con la facciata sul del palazzo. Lo scavo ha anche indagato la trama interna della piattaforma, atta a sostenere la struttura sovrastante.

REPERTI RINVENUTI – DECORAZIONE ESTERNA DEL PALAZZO

napataPoco materiale ceramico è stato portato alla luce nel corso della campagna di scavo, mentre sono stati rinvenuti numerosi frammenti di fayence, facenti parte della complessa decorazione esterna del palazzo; queste piastrelle di ceramica invetriata di colore azzurro, erano fissate sulle pareti, il cui colore dominante era il bianco. Su questo colore di fondo spiccavano le lesene e gli angoli, decorati con una vivace policromia, dominata dal rosso, il giallo e il blu. L’edificio era anche caratterizzato da elementi architettonici in pietra, come i capitelli di lesena, le mensole che marcavano sulla facciata esterna il piano di calpestio del palazzo, o ancora elementi di copertura, lavorati a gola egizia e intonacati.
Lo scavo ha anche individuato un’istallazione successiva al palazzo, costituita da un focolare che impiegava come bracieri due vasi, privati del fondo e rovesciati, l’abbondante cenere in tutta l’area conferma la lunga frequentazione in epoca post-meroitica, come ben documentato in tutta l’area.

Un importante intervento, organicamente legato all’attività di scavo, è stato quello della documentazione dei materiali archeologici, che ha impiegato gli standards già definiti nel corso delle precedenti campagne. Questo intervento è funzionale sia alla ricerca, che all’immagazzinamento e alla conservazione dei reperti; a tale scopo, la Missione sta procedendo a un lento e accurato lavoro di catalogazione e riordino dei materiali.

La complessità dello scavo e l’importanza dei materiali emersi nel corso dello scavo sono da tempo oggetto di studi da parte del team della Missione; alcuni dei risultati emersi nel corso del lavoro saranno presentati nel corso del prossimo Congresso Internazionale di Studi Nubiani, programmato nel mese di settembre 2014 a Neuchâtel.

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