Tadic, lo strano amico dei progressisti italiani

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Si è svolto a Roma nei giorni scorsi il congresso dell’Alleanza dei progressisti, dedicato alle sfide dell’economia globale e alle politiche per lo sviluppo. Alla fine è uscita una foto di gruppo dei vari esponenti politici che vi hanno partecipato. Tra essi Pascal Lamy, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, che ha introdotto i lavori e il moderatore Stewart Wood del Labour Party inglese. Oltre al segretario del PSI Nencini e a Nichi Vendola, hanno partecipato il presidente dell’Assemblea costituente tunisina Mustapha Ben Jaafar, il leader del Pasok greco Evangelos Venizelos, il direttore generale della FAO Jos Graziano Da Silva, la leader dell’Spd di Finlandia Jutta Urpilainen; il leader del partito socialista francese Harlem Dsir e quello della Spd tedesca Sigmar Gabriel nonchè Bernadette Ségol segretaria generale della Confederazione Europea dei Sindacati e l’ex presidente serbo Boris Tadić, che, dopo la sconfitta alle presidenziali dello scorso maggio, ha concluso la parabola politica con l’avvicendamento anche alla guida del Partito democratico serbo… Secondo il quotidiano Vecernje Novosti, l’ex presidente serbo, convinto europeista e molto stimato in occidente, potrebbe assumere in futuro la carica di segretario generale del Consiglio d’Europa al posto di Thorbjoern Jagland.

Come noto i lavori del congresso di Roma sono stati conclusi dal segretario del PD Pier Luigi Bersani, leader della coalizione di centro sinistra alle prossime elezioni.

La presenza più, per così dire, strana è stata quella di Boris Tadić, quello stesso Tadić che, assieme al ministro dell’Economia Dinkić, è stato il principale sponsor di Marchionne nell’Operazione Fiat Zastava.

Adesso a Belgrado comandano Tomislav Nikolić, il presidente e Ivica Dacić, il Primo ministro, due vecchie volpi della politica locale, nazionalisti un tempo vicini a Slobodan Milošević. Così a Belgrado si parla meno di entrare nella UE e la stella polare del nuovo governo è diventata Vladimir Putin, che si è affrettato a promettere appoggio politico e, soprattutto, soldi a palate.

Il sorprendente amico di Bersani, Tadić, dopo aver richiamato l’impegno di più di quarant’anni fa del gruppo torinese in Jugoslavia, si era molto speso per un significativo impulso alla reindustrializzazione del Paese, funzionando da trampolino di lancio per l’approdo di altre imprese italiane in Serbia. Dal 2009, da 150 aziende italiane in Serbia siamo passati a oltre 400, con 20 mila addetti e un volume d’affari di 2,5 miliardi di euro l’anno, auspicando che il numero salga oltre il migliaio, aveva affermato Tadić a margine del summit con Monti, un altro non meno amico di Bersani, a Belgrado. Non solo nel settore automobilistico e nel suo indotto, aveva aggiunto il presidente serbo, ma anche nel siderurgico, minerario, farmaceutico, tessile, calzaturiero, agricolo. In Serbia, oltre a Fiat, lavorano già molte imprese italiane, ambasciatrici dell’economia italiana, come Golden Lady e Benetton, ha ricordato infine Tadić.

Ricordiamo a Bersani il gioco di Golden Lady a Forlì quando ha licenziato all’Omsa 239 operaie per trasferire il lavoro in Serbia. Regia di Tadić ora amico e sodale di Bersani nei democratici progressisti europei… Operazione Omsa ampiamente stigmatizzata dai sindacati e da molta parte dell’opinione pubblica italiana come inopportuna.

In marzo, il presidente Boris Tadić aveva visitato lo stand Fiat al salone di Ginevra assieme all’amministratore delegato di Fiat-Chrysler, Sergio Marchionne. Il presidente serbo si era soffermato davanti alla nuova 500L, che proprio a Ginevra è stata presentata in anteprima mondiale. La 500L è prodotta nello stabilimento Fiat di Kragujevac, nell’ambito della joint venture siglata nel 2008 tra Fiat Group Automobiles e il governo della Repubblica Serba.

Accordo che prevede che Belgrado garantisca tutti i costi: 50 milioni di euro di capitale iniziale, altri 150 milioni di contributi diretti (in pratica dai 3 ai 5.000 euro per ogni assunto), esenzioni fiscali e soprattutto la creazione di una zona franca nell’area dello stabilimento per impiantare attorno a Kragujevac anche l’indotto, eliminando così i costi all’importazione dei semilavorati. Senza contare i miglioramenti alla rete ferroviaria e stradale, sempre a carico del governo serbo capeggiato da Tadić. Sarà poi esteso l’accordo di libero scambio con la Russia anche al settore auto, con l’abbattimento dei dazi doganali, naturalmente, attenendosi agli standard imposti da Fiat: “ zero scarti, zero difetti, zero rotture, zero inventari”, in totale regime WCM, tipico esempio di moderno sfruttamento intensivo. Con il passaggio della Zastava alla Fiat Auto Serbija agli inizi del 2010, il sindacato non ha più alcuna agibilità in fabbrica. Il passaggio delle maestranze dalla Zastava alla FAS avviene attraverso una selezione inoppugnabile, senza alcun intervento possibile del sindacato. Fiat  assume  solo con contratti individuali, le cui clausole sono ignote al sindacato, ogni assunto ha l’obbligo di non fare dichiarazioni di alcun tipo sull’azienda. Gli esclusi dalla selezione, con un’età media di 46 anni, hanno ben poche speranze di essere riassunti. L’accordo prevede  che, oltre all’esonero delle tasse per dieci anni, riceverà gratuitamente anche il terreno di cui avrà bisogno per eventuali sviluppi (al momento ha già ricevuto 20 ettari). Tutte operazioni iperliberiste portate a termine dal nuovo amico di Bersani…

Vista la vicinanza di Tadić con Bersani, e la sua presenza nella foto di gruppo finale, sorge il sospetto che stiano prendendo le misure per portare in Italia tutte queste clausole col nuovo futuro governo di Bersani & Co. Strana amicizia, sospetta presenza a Roma quella di Tadić.

Non avevano altro leader europeo da invitare tra i progressisti? Possibile che Bersani, così attento apparentemente ai problemi del lavoro, non conosca gli orientamenti poco progressisti del suo nuovo amico Tadić? Candore del Pd o manovra per far entrare in Europa dalla porta minore, come di soppiatto, un ex presidente trombato per tenerlo in calda per le prossime elezioni così da continuare il lavoro sporco che spesso i progressisti si assumono? Oppure molto semplicemente è questo il vero volto dell’Alleanza dei Progressisti? In ogni caso Tadić è e rimane impresentabile nel consesso dei progressisti europei per le sue politiche liberiste, censurabile quindi la sua presenza al congresso. Bersani attenzione, non siamo qui a rivoltare le fodere delle giacche per nascondere le macchie…

I lavoratori serbi a Kragujevac, dal canto loro, continuano a resistere e a lottare, rivendicando un contratto collettivo che, sulla base del contratto nazionale, non calpesti la dignità del lavoratore. Sono consapevoli che la strategia delle multinazionali, Fiat compresa, che contrappone i lavoratori su base regionale e nazionale, italiani a serbi, serbi a polacchi, vada combattuta con l’internazionalismo, costruendo unità e lotta comune a livello europeo, meglio se mondiale: “Se sciopera un nostro compagno in Italia o in Spagna, bisogna trovare la forza di scioperare in tutte le fabbriche Fiat, perché solo così è possibile opporsi validamente al padrone, che altrimenti ha gioco facile ad isolarci, a contrapporci e a batterci gli uni dopo gli altri”.

 

Bruno Maran

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