This must be the place
C’è qualcosa di magico e di elettrico nell’atmosfera che David Byrne e Annie Clark, in arte St. Vincent, riescono a creare sul palco. E’ appena terminato il loro concerto a Padova (oggi, 11 settembre, saranno a Roma) e il Gran Teatro Geox ha appena finito di ballare sotto il palco.
Byrne e St. Vincent, usciti per i bis, sembrano quasi sorpresi di ritrovarsi tutto il pubblico ai loro piedi. Ma c’è poco da sorprendersi: il concerto – che porta in tour l’album Love This Giant – lascia senza fiato. Intenso, spettacolare, divertente. Accompagnati da otto ottoni, un tastierista e il batterista, Byrne e St. Vincent si dividono quasi equamente il palco.
Poco, pochissimo, lo spazio per la nostalgia dei Talking Heads, giusto nel finale Burning Down The House e Road To Nowhere e poco prima This Must be the place e Wild Wild Life. Il cuore dello spettacolo è la lotta (a tratti anche mimata) tra i due musicisti per contendersi il palco, con l’ex leader dei Talking Heads – David è di sicuro un gran signore – spesso nel ruolo di comprimario ballerino, musicista, regista, voce di supporto al grandioso spettacolo di St Vincent: un concentrato di energia nervosa e bellezza da lasciar turbato e inebetito lo spettatore. I suoi passettini brevi e costretti, il pallore ottocentesco, i movimenti nervosi delle braccia esplodono in una chitarra ossessiva, una voce fragile, una robot dance che sembra nascondere più che rivelare.
La sensazione finale di essere andati a un concerto di David Byrne (che – intendiamoci – c’è e si sente) e di essere tornati a casa con un pacco regalo. Misterioso e conturbante. Concerto da non perdere.
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