L'Ucraina e lo scenario balcanico

FacebookTwitterLinkedInWhatsAppEmail

Questo articolo è stato pubblicato originariamente il 27 gennaio 2014.

Nel giugno 1991 ero a Praga per un convegno della Johns Hopkins in un programma che teneva le relazioni tra paesi dell’Est (esclusa l’Unione Sovietica) e gli U.S. Proprio in quei giorni avvenne la secessione di Croazia e Slovenia che dettero inizio alle guerre balcaniche. Il nostro era un gruppo di colleghi, molti dei quali diventati amici per il fatto di avere studiato e lavorato insieme. Gli jugoslavi erano numerosi e fui sorpreso quando Serbi e Croati presero posizioni apertamente e aspramente conflittuali, pur rimanendo amici sul piano personale.

Quando ci fu chiesto di presentarci in una riunione, un croato si presentò come “Marian from Croatia”; il serbo disse: “Milan from Jugoslavia”. E aggiunse “Stasera c’è la finale del campionato europeo di basket contro l’Italia e la Jugoslavia vincerà il titolo grazie alla partecipazione di atleti di tutte le repubbliche”. La tensione era forte, ma mai avrei pensato che sarebbe sfociata in una guerra così assurda e sanguinosa.

Ne discutemmo a lungo tra noi in quei giorni: alcuni degli occidentali pensavano che i nuovi stati indipendenti di Croazia e Slovenia andassero immediatamente riconosciuti. Altri – e io tra loro (anche perché mi convinceva la posizione del nostro ministro degli esteri di allora) – invocavano prudenza e gradualità, paventando i possibili rischi di guerra. Un altro gruppo (un professore-politico greco in particolare) immaginava un ruolo diretto dell’Unione Europea nella vicenda.

In quei giorni, un gruppo ristretto di noi fu invitato a una riunione riservata con il Presidente Havel della Cecoslovacchia e Shirley Temple, ambasciatrice americana a Praga. Io mi trovai lì per caso e non capivo molto. Mi sentivo già abbastanza gratificato dall’esserci e vedere come succedevano le cose piuttosto che avere un ruolo nei fatti del mondo. Un atteggiamento da osservatore, studioso e reporter che ho conservato – nel bene e nel male – nel corso di tutta la mia vita. In quella riunione, dove capitai per caso, appresi una lezione: mi resi conto come nessuno delle persone il cui parere contava moltissimo, avesse ben chiare le conseguenze che certe decisioni avrebbero comportato. E sappiamo quanto furono tragiche.

Ora sul caso Ucraina, mi sembra che siamo allo stesso punto, con la differenza che forse l’Europa, rispetto a ventitré anni fa, è maggiormente in grado di esercitare la propria influenza. Nel 1991 la esercitò in modo negativo accelerando un processo che avrebbe potuto attuarsi per gradi e senza guerre. Mi domando se le politiche estere europee, americane e russe stanno davvero cercando di impedire il deteriorarsi della situazione. Oppure se, per perseguire i propri legittimi interessi egemonici, stanno creando – senza nemmeno esserne consce – una nuova guerra jugoslava.

Corrado Poli

Maidan a Kiev, segui la diretta

Leggi il blog Upside Down di Corrado Poli

 

Photo by Jorge Fernández Salas on Unsplash

Ti potrebbe interessare

Lo spettro dell'inverno siriano
L'Egitto (quello di una volta) in Veneto
Casteddu '43
China's future?
Una nuova porte d'ingresso per l'ospedale di Yrol, Sud Sudan