Dalla discarica all'università. A Phnom Penh l'Ong del sorriso

FacebookTwitterLinkedInWhatsAppEmail
Sen ha gli occhi sorridenti e il tono orgoglioso di chi ha scalato l’Everest in solitaria, quando ci racconta che studia Psicologia all’Università di Phnom Penh. La sua storia è quella di tanti altri ragazzi qui, che l’Everest è come se l’avessero scalato davvero. Inizia in una discarica, finisce in università, passando per uno straordinario campus scolastico.
Nel 1995 Christian e Marie-France des Pallières, coppia di viaggiatori francesi di ritorno dalla Cina, passeggiando per le strade di Phnom Penh incontrarono alcuni piccoli mendicanti che, mano nella mano, li accompagnarono ad assistere al più terribile spettacolo della città, Stung Meanchey, la sua discarica più grande, gremita di bambini.
Grandi occhi affamati e piccole dita veloci che nei rifiuti di altri cercavano un po’di riso, uno straccio con cui vestirsi, qualcosa da riciclare in qualche modo. “A quel punto era impossibile continuare a vivere normalmente”, hanno detto. Iniziarono a portare qualche pasto in discarica, ma non era abbastanza. C’è un modo soltanto per tirare i bambini fuori dalla miseria, quel modo è dar loro un’educazione e i coniugi des Pallìeres lo sapevano bene. Tornati in Francia è partita la ricerca di finanziamenti per costruire una scuola e dare un futuro a quegli occhi. È stato così che sono riusciti a ripartire per la Cambogia e fondare Pour un Sourire d’Enfant l’organizzazione che Sen ci descrive con orgoglio.
“Papi e mami”, così i bambini chiamano i coniugi des Pallières, vivono ancora con i ragazzi, in una casetta circondata dai fiori, proprio al centro del campus. Hanno iniziato l’avventura con una ventina di allievi, oggi quasi 6.000 elegantissimi e compostissimi ragazzi sono accuditi dalla loro Ong. Più di 4.000 frequentano la scuola e oltre 1.500 seguono corsi di formazione professionale. L’organizzazione provvede a un’educazione di base e fornisce diversi percorsi di insegnamento professionale, dal giardinaggio alla scuola per estetisti e parrucchieri, dai corsi per costruttori alla business school. Offre alloggio ai bambini orfani e a quelli considerati a rischio, supporto alle madri, come corsi di igiene e nutrizione, spesso assume i genitori come lavoratori giornalieri nel campus. Sen ci ha detto che il fratello, intercettato come lei nella discarica e portato a studiare a PSE, ora lavora per la Toyota e aiuta economicamente tutta la famiglia. “La gente  resta quasi delusa quando arriva qui e non vede la miseria” ci spiega Alexis, communication officer dell’Ong.
Quand’è che ci siamo distratti e i bambini sono diventati un’attrazione turistica? Vedere la povertà e nutrire con le proprie mani bocche affamate, solo per mezz’ora, fa davvero sentire “utili”?  Non c’è niente di più ipocrita, deleterio e pericoloso per i bambini e le comunità locali del volontariato usa e getta. Il più delle volte va ad arricchire le tasche di pochi speculatori e anche se fatto con buone intenzioni, credo che nessun bambino vorrebbe crescere con un “genitore adottivo”, educatore o come lo si vuol chiamare, che ruota ogni settimana.
Basti guardare ai dati dell’Unicef: dal ’95 a oggi il numero di “orfani” in Cambogia è cresciuto del 65%. Siccome non risulta ci sia stata nessuna moria improvvisa di genitori nell’ultimo periodo, questo significa che i falsi orfanotrofi spuntano fuori come i funghi dopo la pioggia: quelli che “reclutano” i bambini con genitori perfettamente in vita e organizzano squallidissimi tour guidati per turisti.
Una manciata di dollari e avrete la possibilità di vedere autentici, poverissimi, orfani cambogiani, non perdete l’occasione, un tuk tuk mandato dall’agenzia verrà a prendervi dal votro albergo e vi riporterà indietro per pochi altri dollari. O quelli che organizzano periodi brevi di volontariato per turisti assoldati online: lavora con noi una settimana o due e naturalmente aiutaci a sostenere gli “orfani” anche con un cospicuo contributo economico. Due settimane 300 sterline.
Quindi. Informatevi bene prima di far arricchire i trafficanti di bambini a spese delle vostre buone intenzioni. Cercate di finanziare i progetti che funzionano davvero, quelli che cambiano effettivamente la vita alle persone e il profilo a una società intera. Ce ne sono tante, basta cercare. Pour un Sourire d’Enfant è uno di questi, i ragazzi che ci lavorano lo fanno per mestiere. Tra loro c’è un’operatrice italiana. Fa parte dell’emorragia di giovani che vanno via e non tornano più: “Consiglio sempre di trasferirsi in Sud Est asiatico, lo sapete meglio di me, in Italia è tutto stagnante, qui c’è più fermento”.
Silenzio e stretta in gola. Non pensavo che saremmo mai arrivati al punto di dire che in Cambogia ci fosse più fermento che in Italia. Ma tant’è.
Maria Elena Ribezzo e Marcello Passaro

Ti potrebbe interessare

L'addio al re del country