Alabanda #3: Pianura incommensurabile

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Marco Belpoliti, Pianura, Einaudi 2021, pagine 286, Euro 19.50

Un libro non si esaurisce mai nell’occasione a partire dalla quale è stato scritto, così come un fiume non è contenuto nella sua sorgente. Per parlare dell’ultima opera di Marco Belpoliti, però, un accenno a questa sorgente, a questa occasione, è indispensabile. Il volume, infatti, è dedicato a Irene Babboni, la scomparsa collaboratrice della casa editrice Einaudi, della quale Belpoliti altrove ha scritto: “Un intero pezzo della mia vita si è staccato e se ne va con lei. Un periodo di grande confusione, timori, fantasie e dolori, ma così vivo e vitale che adesso a scriverne qui in campagna, dove ho messo insieme gran parte dei libri che Irene ha curato, mi prende una grande malinconia. Gli anni passano, i ricordi s’accumulano. Che bello sarebbe stato diventare vecchi insieme, con i libri che abbiamo fatto insieme, che avremmo ancora fatto, o di cui avremmo parlato. I libri miei e i libri degli altri”. Gli anni passano, i ricordi s’accumulano, e noi – come leggiamo alla fine del Grande Gatsby di Fitzgerald – continuiamo a remare, barche controcorrente, sospinti senza sosta nel passato. Acceso dai ricordi dell’amica scomparsa, lo scrittore ha iniziato a scrivere perimetrando un luogo fisico, la Pianura padana, che è ovviamente anche e soprattutto un luogo di memorie e nostalgie. A partire dal commento di alcune fotografie di Luigi Ghirri, una tra le prime figure evocate, ecco che prende così corpo una storia, un vagare fatto di itinerari privi di un orientamento preciso, se non quello dato dal tratteggiare con rapidità (il volume contiene anche diversi disegni dell’autore) ciò che è incontrato, saputo o immaginato, in modo da cavarne un racconto che si compone mentre si sfalda. Ma cos’è la Pianura, questa Pianura, che Belpoliti attraversa spostandosi da un punto a un altro della sua estensione e da un’epoca all’altra della sua vita? Sarebbe vano ricercarne qui una vera e propria teoria, una volta per tutte scolpita, nonostante non si faccia altro che sedimentare i possibili materiali utili all’impresa: “La Pianura è questo: una sorta d’incommensurabile, dove però c’è sempre una misura; qui lo smisurato contiene dentro di sé la propria misura. Tutto sembra senza fine, ma non lo è. Un miraggio, come una cosa vista dentro la nebbia,in un sogno molto nitido. Così sono le fotografie di Ghirri, non credi? Per questo la nebbia è lo stato perfetto in cui vedere questo spazio: l’aperto è incommensurabile e la nebbia non lo lascia guardare” (pag. 37).

La tonalità emotiva con la quale noi possiamo svelare ciò che la nebbia nasconde corrisponde allora al “magon”, il magone – un’ansia malinconica, nostalgica e per Belpoliti addirittura caratterizzante il “tipo emiliano” – che richiama la prosa di Antonio Delfini e Pier Vittorio Tondelli. È lo stesso sentimento che ho riconosciuto anch’io leggendo per esempio le pagine dedicate a Gianni Celati, a Pietro Camporesi o a Giovanni Lindo Ferretti, perché da quella Pianura – distesa tra Mantova, Piacenza, Bologna e Ravenna – siamo passati, ci siamo impigliati più o meno tutti, avvertendo le contrazioni di un cuore innamorato, che batte ancora, anche se stanco, tra diastole monastica e sistole libertina. Pianura, volendolo fissare in margini dai quali comunque è destinato sempre ad esondare (non è un caso che l’ultima pagina s’intitoli “eccetera”), è un libro che dunque parla di origini, di amicizia, ma anche di morte, o forse, e più esattamente, dell’approssimarsi alla morte-sorella che rinvia al desiderio di risalire verso l’origine (“Forse è per questa ragione che ti sto scrivendo queste pagine – afferma a un certo punto Belpoliti rivolgendosi al misterioso “tu” che affiora tra le righe –: per capire da dove vengo”). Un libro bellissimo, scritto con una prosa acquatica, direttamente attinta lungo il corso e sul delta del Po, non riducibile a un genere particolare perché sfuggente come l’anguilla cantata da Montale: la scintilla che dice tutto comincia quando tutto pare incarbonirsi. Così, esattamente al modo della Pianura in cui brancoliamo, neppure l’origine e la morte si lasciano guardare, e restano gli incommensurabili verso i quali i nostri occhi aperti nella nebbia tendono, per capire chi siamo e chi sono le donne e gli uomini e le vicende salienti della vita che attraversiamo.

Gabriele Di Luca

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di Gabriele Di Luca

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