Giacomo Papi e quello speciale di "Diario" su Genova: «Il G8 rivoluzionò la comunicazione»

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Questo articolo fa parte dello speciale A Nordest di Genova sui 20 anni delle giornate del luglio 2001. A Nordest Di che mette a disposizione questo spazio per ricordi, emozioni, fotografie, testimonianze che potete inviare, in qualsiasi forma, alla mail redazione@anordestdiche.com

«A Genova, per tre giorni è successo qualcosa di cui non ci dimenticheremo presto. Ma – per la prima volta – grazie a chi ha fotografato, ha filmato, ha raccontato, sul web, sui giornali e sulle televisioni, oggi si sa già moltissimo. Questa è una delle cose (naturalmente non l’unica) che ci dividono dal Cile e dall’Argentina. Sette giorni fa abbiamo lanciato un appello, attraverso il nostro sito, ripreso da numerosi altri, a chi aveva visto e fotografato. Venerdì sera i nostri computer stavano ansimando per la mole di materiale arrivato».

Questo si leggeva nell’introduzione allo speciale di Diario della settimana interamente dedicato al G8 di Genova, uscito il 3 agosto 2001. Fu un numero vendutissimo, probabilmente il più venduto della storia di uno dei settimanali più belli mai usciti in Italia, vincitore del “Prix de Le Guide de la Presse” come miglior giornale al mondo nel 2002.

A ideare e raccogliere il materiale per quello speciale di Diario dedicato al G8 di Genova fu Giacomo Papi, scrittore (“Happydemia” e “Il censimento dei radical chic” per Feltrinelli), giornalista (collabora con Repubblica, Il Post e Il Foglio) e autore televisivo (“Che tempo che fa”).

Uno “speciale” che è rimasto tale anche a vent’anni di distanza: «A dire il vero – precisa Papi – gli speciali furono due. Uno tradizionale di presentazione, uscito una settimana prima del G8, e quello dei primi giorni di agosto che risultò rivoluzionario sotto diversi aspetti».

Innanzitutto perché venne costruito con le immagini e le testimonianze di centinaia di lettori che erano a Genova

Sì, Diario ha messo in pratica un’idea su cui in anni successivi si è molto speculato: il citizen journalism. L’idea dello speciale mi venne grazie al nostro sito che era molto seguito dai nostri lettori. Ci raccontavano quel che stava avvenendo in diretta sul live-blog, anche se allora non si chiamava così… Al nostro appello a inviarci foto e testimonianze risposero in tantissimi, siamo stati inondati dal materiale. Il risultato fu un reportage collettivo di una forza impressionante.

Lo speciale di Diario dedicato al G8 di Genova del 2001.

I social non esistevano ancora…

Vero, ma potevamo contare su un pubblico particolare e su una redazione in grado di filtrare quel che arrivava evitando trappole manipolatorie. Negli anni successivi questo tipo di comunicazione è stato fagocitato dai social, che hanno la possibilità di andare in diretta senza mediazione. La carta ha perso gran parte del suo ruolo, avrebbe ancora la possibilità di mettere ordine, di scegliere le fonti più affidabili per comporre un racconto collettivo, ma raramente lo fa.

Il G8 di Genova cambiò il modo di fare informazione?

Credo di sì, è l’evento che ha inaugurato gli anni Duemila. Il primo evento digitale della storia, telefonini e macchine fotografiche raccontarono live quel che accadeva. Sì, ha rivoluzionato la comunicazione.

A vent’anni di distanza possiamo dare il giornalismo cartaceo per morto?

No, io credo molto al giornalismo cartaceo e di approfondimento, ma deve raccontare la realtà filtrandola e interpretandola, se rinuncia a questa funzione perde in partenza.

L’intero sistema mediatico non sembra passarsela benissimo, soprattutto in Italia.

Credo se la passi maluccio in tutto il mondo, non solo qui. Ed è un peccato perché c’è un grande bisogno di inchieste scritte da chi è pagato per farlo. Non si può pensare che il mondo ci venga raccontato da chi si trova sul posto quando gli eventi accadono. Non tutto avviene davanti all’obiettivo di uno smartphone o di una telecamera. Non ci si può accontentare dell’istantaneità, occorre mettere tutto in prospettiva.

Ma la stampa italiana non è messa peggio di altre, non è troppo attenta alla politica? Qui la maggior parte dei titoli è dedicata alle dichiarazioni dei leader di partito…

Se la politica va così tanto è anche perché agli italiani piace. È vero, però, che più si fa informazione di bassa qualità e più ci si abitua. È una spirale suicida.

Il crollo dei lettori del cartaceo e la diffusione delle fake news non dovrebbero spingere i quotidiani a stare più attenti alla qualità di quel che propongono anche sui loro siti?

Sì, quella del clickbaiting è una tattica perdente che rovina il marchio e in una società in cui il marchio è tutto, si demolisce la propria ragion d’essere. Continuo a pensare che spiegare quel che accade sia una funzione fondamentale dei giornalisti.

Massimiliano Boschi

 

Nel 2001 la redazione di “Diario della settimana” che curò lo speciale era composta dal direttore Enrico Deaglio, dalla caporedattrice Marina Morpurgo, da Gianni Barbacetto, Pietro Cheli, Andrea Jacchia, Alessandro Marzo Magno, Giacomo Papi. Mario Portanova, Assunta Sarlo, Maurizio Garofalo, Carla Mondino, Olga Bauschmidt, Angela Olivella.

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